Caulonia: Lettera aperta a Gloria Petrolo, ex Segretaria di Rifondazione Comunista

Caulonia: Lettera aperta a Gloria Petrolo, ex Segretaria di Rifondazione Comunista

Mentre con un gruppo di giovani compagni cauloniesi si riflette sulla necessità della partecipazione attiva sento il bisogno di scrivere a te, cara Gloria, già dirigente locale di Rifondazione Comunista e militante, come me, per l’ altro mondo possibile e necessario.

Ti scrivo per condividere delle riflessioni, conscio dei tuoi dubbi, e stavolta lo faccio pubblicamente e non privatamente perché, come ho constatato con la lettera di Benny Nonasky (QUI) e con la riflessione di Antonio Larosa (QUI) in seguito al mio pezzo dal titolo “A Caulonia vinceranno ancora loro, ma noi stiamo arrivando” (QUI), la condivisione offre nuovi spunti e ci aiuta a camminare domandando.

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Ci siamo chiesti tante volte e ce lo chiediamo ancora come si possa essere, in un piccolo paese del sud, allo stesso tempo radicali e maggioritari. Sembra impossibile riuscirci ma ci sono realtà che dimostrano il contrario. Il comune di Cinquefrondi è finalmente amministrato da un gruppo di persone ritenute radicali che sono riuscite ad essere maggioritarie. E i casi si moltiplicano, anche in questo lembo di periferia dell’Impero.
Abbiamo capito che è possibile irrompere sulla scena politica e stabilirne in larga parte l’agenda pubblica. Per quanto possa apparire irritante ai militanti storici, come il sottoscritto, quello che conta non è essere di sinistra o di destra, ma essere quelli di sotto contro quelli di sopra. Quelli che subiscono contro quelli che decidono (male). Dobbiamo costruire un popolo precario, che fino ad ora non esiste, e che esisterà solo nel momento in cui si muoverà, partendo dalle carenze condivise e dalla disaffezione collettiva rispetto alle elite che ci governano. Non ci servono dichiarazioni rivolte al futuro ma la messa in pratica, in questo tempo e in questo luogo, della possibilità di costruire l’alternativa di cui parlava Antonio Larosa. Dobbiamo però farlo senza rifugiarci in una rassicurante marginalità, ma facendo i conti col quadro esistente e, quando serve, accettando giusti compromessi per un fine più alto.
Scomodo addirittura un mostro sacro come Gramsci per dire che dobbiamo rompere l’aura di naturalità che circonda l’ordine esistente, che a troppi appare come unico e inviolabile, e dobbiamo disarticolare il blocco ampio che unisce nello scambio di favori governanti e governati per scinderli e creare un NOI costituente capace di riconoscersi ed eventualmente governarsi.
La riflessione a cui sono giunto dopo molto anni di sofferente silenzio e di giri per il mondo a visitare le esperienze avanzate e qualche volta rivoluzionarie della sinistra (come il Venezuela di Chavez e la Bolivia di Morales ma anche la Catalogna di cui, prima di conoscerla e aprire gli occhi, avevo sempre frainteso le spinte indipendentiste) è che non dobbiamo rinunciare all’aspirazione di essere allo stesso tempo di rottura con le oligarchie esistenti e maggioritari. Le nostre proposte non devono rappresentare una ideologia ma il buon senso comune che diventa rivoluzionario in un paese in cui il buon senso è andato a farsi benedire.
Non si tratta di rivendicare una patente intellettuale o una sigla ma di discutere collegialmente per difendere le virtù della politica trasformatrice. Esistono anche nei nostri territori, che spesso crediamo incapaci di sorprese, esperienze che hanno sfidato il potere costituito e hanno vinto. Per restare vicino alla nostra storia di militanza e ai compagni che hanno condiviso con noi il cammino di Genova e dei social forum ti faccio solo due nomi: Salvatore Fuda e Michele Conia (Allargando lo sguardo ma restando ai compagni che hanno camminato con noi da Seattle a Praga e a Genova, guarda cosa succede in Spagna dove Podemos  ha il 23% ed è solo questione di tempo prima che vada al governo).

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È il momento in cui chi vuole un altro paese esca dal silenzio, torni o cominci a metterci la faccia. Smettiamola di delegare la gestione del bene comune. Quelli che vengono considerati potenti sono tali perché noi li rendiamo potenti. Loro stanno in alto, per usare le parole degli zapatisti, perché noi glielo permettiamo. Ma il vero potere è nelle nostre mani, nelle mani di chi sta in basso. Possiamo delegarlo, cederlo ai soliti, o possiamo condividerlo e utilizzarlo per cambiare il volto del luogo in cui viviamo.
Caulonia sembra morta ma non lo è.

Caulonia si può rialzare.

Caulonia può rinascere.

Dobbiamo scavare a fondo tra le macerie delle tante sconfitte di un paese e anche tra quelle del nostro passato per trovate l’audacia di una politica che sfidi il sequestro oligarchico del bene comune.

Per farlo abbiamo bisogno anche di te.

Ti aspettiamo.

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