Vito Teti e il ballo di “Santu Roccu”
Vito Teti insegna Antropologia Culturale all’Università di Cosenza ed è un intellettuale di assoluto rilievo nazionale ed europeo. Egli rappresenta l’interprete più autentico e più profondo della Calabria: quella antica che rinnova la sua identità, quella degli ultimi con la testa sempre alta, quella nomade ed errante e quella che resta e resiste. Ampia e variegata la sua bibliografia (leggi QUI), dedicata ai pregiudizi, ai luoghi, alle migrazioni, al cibo, alle ritualità che “riempiono” l’identità precaria e in continua evoluzione dei calabresi.
Teti è anche un grande conoscitore della Festa di San Rocco, da lui reputata uno straordinario esempio di identità collettiva. Il suo ultimo contatto diretto è stato il convegno del 26 Agosto dedicato al “suono di San Rocco”.
Nel suo ultimo imperdibile volume, intitolato “Terra inquieta. Per un’antropologia dell’erranza meridionale” a cura di Rubbettino Editore, il professore nativo di San Nicola da Crissa dedica a San Rocco alcune pagine con riflessioni molto asciutte ma di grande efficacia.
Abbiamo ampiamente indicato cosa significa e cosa rappresenta la Festa di San Rocco (leggi QUI e QUI), praticamente gli stessi concetti espressi da Teti con magistrale sintesi: “Questa festa di San Rocco, con i suoi legami con la tradizione, con gli elementi del mondo esterno che alla tradizione si combinano in mille modi, incrociando aspetti religiosi, teatrali, musicali e spettacolari, con l’incontro tra devoti del luogo, emigrati, turisti, mi sembra metafora ed emblema di una Calabria antica e moderna, con un forte sentimento dei luoghi e dell’appartenenza, aperta verso l’esterno e al nuovo“.
Riportiamo di seguito le riflessioni dedicate a San Rocco, nell’auspicio che siano un incentivo alla lettura integrale di “Terra inquieta” e, magari, anche per una prossima presentazione gioiosana del libro.