Riace, la Cassazione dà ragione a Domenico Lucano
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«Ancora dovrò soffrire prima di tornare a casa ma le parole della Corte di Cassazione di ieri sono state significative. I magistrati dicono quello che era sotto gli occhi di tutti. Ora ci sarà la decisione del Tribunale del Riesame (il 4 aprile, ndr) e poi dovrò chiedere che venga annullato il divieto di dimora. Ma ci spero». Mimmo Lucano, raggiunto al telefono poco dopo la lettura delle motivazioni con cui la Corte, con la sentenza del 26 febbraio, accoglieva in parte il ricorso presentato dai legali del sindaco di Riace, esprime insieme i timori e le speranze per quella che potrebbe essere una svolta della sua vicenda giudiziaria, umana e anche politica.
La Cassazione testualmente ha dichiarato che “non risultano ‘frodi’ in appalti Lucano Non favorì matrimoni di comodo […] mancano indizi di “comportamenti” fraudolenti che Domenico Lucano, il sindaco sospeso di Riace, avrebbe “materialmente posto in essere” per assegnare alcuni servizi, come quello della raccolta di rifiuti, a due cooperative dato che le delibere e gli atti di affidamento sono stati adottati con “collegialità” e con i “prescritti pareri di regolarità tecnica e contabile da parte dei rispettivi responsabili del servizio interessato”.
Lucano ha quindi agito in perfetta legittimità normativa. Insomma “non solo non sono provate le opacità ma è la legge che consente l’affidamento diretto degli appalti in favore delle cooperative sociali finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate a condizione che gli importi del servizio siano inferiori alla soglia comunitaria”.
Alla luce di questo il Tribunale del Riesame dovrà rivalutare il quadro per sostenere l’illiceità degli affidi. Gli unici elementi di gravità indiziaria secondo la Corte riguardano l’operato di Mimmo Lucano per “per favorire la permanenza in Italia della sua compagna Lemlem”. Ma a questo riguardo, “bisogna considerare la relazione affettiva che intercorre tra i due e lo stato di incensurato di Lucano prima di decidere nuovamente per il mantenimento del divieto di dimora”. La stessa accusa volta al sindaco di aver favorito “matrimoni di comodo, (uno), fra tra immigrati e concittadini, “poggia sulle incerte basi di un quadro di riferimento fattuale non solo sfornito di significativi e precisi elementi di riscontro ma, addirittura, escluso da qualsiasi contestazione formalmente elevata in sede cautelare”.
Si aprono concreti spiragli quindi e Mimmo Lucano ci ha garantito che presto vorrà risentirci e raccontarci anche di questi 6 mesi. Sei mesi in cui una procura, una prefettura e il ministero dell’Interno hanno fatto di tutto per far diventare Riace un deserto da dimenticare. Hanno prodotto danni, ma chi a questo paesino della Calabria e alla sua splendida storia è stato vicino, non si è rassegnato.
Stefano Galieni