Governo Lega-5 stelle: più tasse per tutti. Ecco chi pagherà il conto
Notizia tratta da: corriere
L’aumento è netto. La sua distribuzione, cioè chi colpisce, riserva qualche sorpresa. Perché è vero che larga parte del conto è a carico dei nemici dichiarati del governo gialloverde, e cioè banche, assicurazioni, aziende del gioco d’azzardo, grandi gruppi dell’economia digitale. Ma qualcosa c’è anche per le imprese, per le imprese normali. E per i consumatori, cioè tutti noi. Si scrive pressione fiscale, si legge costo dello Stato. Perché il rapporto tra quanto la Repubblica incassa dalle imposte e quanta ricchezza è in grado di produrre è un indicatore di efficienza della macchina pubblica. Il prezzo che paghiamo per far funzionare tutti i suoi servizi. E con la Legge di Bilancio che oggi dovrebbe essere approvata in via definitiva questo prezzo sale un po’.
L’Ufficio di bilancio e il rialzo
A sollevare il caso è stato due giorni fa l’ufficio parlamentare di Bilancio, authority indipendente che svolge analisi e verifiche sulle previsioni economiche del governo. Il suo presidente Giuseppe Pisauro, rispondendo alle domande in commissione Bilancio alla Camera, ha detto che la pressione fiscale salirà dal 42% del 2018 al 42,4% del 2019. Per poi aumentare ancora nel 2020, al 42,8%. E riscendere un po’ nel 2021, al 42,5%. Lo stesso Pisauro, in audizione, ha detto che «sono numeri che vanno un po’ verificati», ma il «messaggio sostanziale è che c’è un leggero aumento che poi rimane stabile». Insomma, la tendenza all’aumento è chiara. Ma quantificare l’aumento significa entrare nel campo delle stime e quei numeri indicati prima, secondo l’Upb, potrebbero cambiare un po’. Prendendo per buono l’aumento della pressione fiscale al 42,4% nel 2019, l’anno prossimo ci sarebbe extra gettito per lo Stato di quasi 8 miliardi di euro. Chi colpirebbe?
Non solo banche e assicurazioni
Ad entrare nel dettaglio della categorie più colpite dall’aumento della pressione fiscale ci aiuta un documento di chi nelle imposte ha il suo pane quotidiano. L’ufficio studi del consiglio nazionale dei dottori commercialisti ha preparato uno documento che non si ferma al 2019 ma prende in considerazione gli effetti della Legge di Bilancio fino al 2021. In tre anni l’aumento della pressione fiscale sarebbe pari a 12,9 miliardi di euro. A pagare i lconto più salato sarebbero le banche e le assicurazioni che in tre anni verserebbero 5,5, miliardi di euro in più. Poi c’è il settore del gioco d’azzardo con 2,1 miliardi di euro. E ancora i grandi gruppi dell’economia digitale, quelli colpiti dalla web tax, con 1,3 miliardi di euro. Fin qui si tratta dei nemici dichiarati del governo nato dall’alleanza tra Lega e Movimento 5 Stelle. Ma è proprio vero che cittadini e imprese sarebbero risparmiate? Insomma.
Imprese e cittadini
I numeri sono più piccoli ma qualcosa c’è anche per loro. Secondo l’Ufficio studi del Consiglio dei commercialisti ci sono anche 600 milioni, nei prossimi tre anni, a carico dei consumatori. Quasi tutti dovuti all’aumento della tassazione sui tabacchi. Ma anche le imprese «normali» — non le banche, le assicurazioni o quelle del gioco d’azzardo — sarebbero chiamate a fare la lo parte. Per loro, sempre in tre anni, il conto è di 2,4 miliardi di euro. Dovuti in larga parte all’abrogazione di Iri, l’imposta sul reddito degli imprenditori, e Ace, l’aiuto alla crescita economica.
La bomba dell’Iva
Dal conto restano esclusi gli aumenti dell’Iva, le famose clausole di salvaguardia previste per il 2020 e il 2021. Valgono 23 miliardi nel 2020 e 28,8 miliardi nel 2021. Farebbero salire la pressione fiscale, rispettivamente, di 1,2 e 1,5 punti percentuali. Il governo giura che non le farà scattare ma al momento sono scritte nero su bianco. E per disinnescarle servono 50 miliardi di euro in due anni. Praticamente due manovre sane per fare in modo che non cambi nulla.
Il rischio di aumento per le tasse locali
C’è poi un’altra leva che potrebbe far salire ancora di più la pressione fiscale. Dopo tre anni di blocco, la Legge di Bilancio non proroga il congelamento di tutte le imposte locali, e cioè Imu, Tasi, Irap oltre alle addizionali regionali e comunali sull’Irpef. Negli anni passati i tagli ai trasferimenti dallo Stato centrale sono stati compensati dagli enti locali proprio aumentando le imposte locali. Dopo tre anni di blocco la tentazione potrebbe essere irresistibile.
Lorenzo Salvia