Decreto sicurezza, chi caccia gli ultimi per strada almeno non faccia la retorica del presepe
Notizia tratta da: ilfattoquotidiano
Un’immensa schizofrenia ideologica attraversa chi ci governa oggi, in particolare, ça va sans dire, la parte leghista della coalizione. Quella che rivendica un giorno sì e l’altro pure l’importanza delle nostre radici cristiane, la purezza della nostra identità bianca, cattolica, italiana. Eppure nel nostro Paese è appena passato un decreto – firmato dal capo dello Stato e sul quale è stata addirittura posta la fiducia – che porta il nome di “sicurezza”, ma che sicurezza certo non porta nel nostro paese, anzi è destinato ad aumentare il conflitto sociale in maniera esponenziale. I suoi effetti saranno soprattutto sugli ultimi del nostro Paese, ovvero quelli arrivati in Italia senza niente, se non un carico di violenze subite e traumi dovuti a conflitti, fame, cataclismi di ogni tipo. Ma poi, di conseguenza, anche su tutti noi.
Cosa prevede il decreto sicurezza? In sintesi, rende la vita più dura e spesso impossibile a buona parte degli immigrati, oltre a risparmiare sulla loro presenza con conseguente peggioramento delle loro condizioni di vita. Vengono cancellati i permessi di soggiorno umanitari, che davano accesso a lavoro, protezione sociale e edilizia popolare. Inoltre ed è una delle parti più drammatiche, il decreto riduce il sistema Sprar, quello che metteva chi arrivava all’interno di un percorso di integrazione, incluso l’insegnamento della lingua italiana e l’avviamento al lavoro. La conseguenza di questa decisione è tragica anzitutto per gli stessi immigrati, perché si andranno a ingrossare le grandi strutture di prima assistenza, veri e propri ghetti dove non c’è nulla da fare e dove rischiano di finire, come ha fatto notare la sociologa Chiara Saraceno, anche gli stessi minori, perché se pure il decreto prevede protezione Sprar per i minori è assai difficile che essi possano essere separati dai loro genitori, se questi sono sul territorio. Come effetto di questa misura ci sarà dunque una quantità crescente di persone che alla fine si riverserà anche per le strade suo malgrado, e che magari sarà spinta, sempre suo malgrado, verso attività illegali o comunque verso l’accattonaggio, per sopravvivere. Aumenterà così la percezione di insicurezza del cittadino, legata molto a ciò che vede intorno a sé più che ai numeri e fatti reali, e crescerà quindi ancora di più il razzismo, con conseguenze politiche tristemente immaginabili.
Fin qui il decreto sicurezza. Ora qualcuno dovrebbe spiegare come tutto questo si può conciliare con la difesa del presepe – divenuto cavallo di battaglia sia di molti leghisti e leghiste delle amministrazioni locali sia di cariche istituzionali, tanto che lo stesso ministro della Pubblica Istruzione ne ha preso le parti – e con la difesa di una religione, come la nostra, basata sul Vangelo? Il presepe altro non è che una rappresentazione sacra dove si mettono in scena gli ultimi, quegli ultimi nei quali si manifesta Dio stesso. Gesù e Maria non trovano posto in nessun albergo, così che Gesù nasce in una mangiatoia – provate a immaginare la puzza, la povertà, la miseria – attorniato da pastori e capre. La famiglia presto sarà costretta a fuggire per fuggire alla persecuzione di Erode. Uno scenario di povertà, fatica, disperazione che ben poco ha di bucolico e ben poco di borghese e ricorda molto, anche per la presenza simbolo di un bambino, la condizione in cui arrivano uomini, donne e minori, anche piccoli, da Paesi in cui hanno vissuto l’inferno. Se oggi immaginiamo un presepe, sono proprio loro che andrebbero messi tra i personaggi, come ha scritto anche molto bene il direttore dell’Avvenire Marco Tarquinio.
Ma poi, al di là del presepe, c’è il tema del Vangelo. Proprio di recente Papa Francesco, che rappresenta la Chiesa e al tempo stesso un cristianesimo fatto di accoglienza ai sofferenti e di protezione degli ultimi e dei poveri, ha proposto di vendere tutte le chiese inutilizzate per donare il ricavato a chi non ha nulla. Sembra incredibile è coerente con il Vangelo, dove Cristo si accompagna con gli ultimi, lebbrosi e puttane, criticando scribi e farisei che conoscono la legge ma non la mettono in pratica. E dunque, per quanto la fede vada distinta dalla politica, non c’è dubbio che ci sono delle politiche che possono essere apertamente anticristiane oltre che antidemocratiche. E non c’è dubbio che le misure prese dal governo, e soprattutto l’ideologia che le ha partorite, non abbiano nulla di cristiano, anzi semmai siano misure prive di ogni aspetto religioso. Mi starebbe bene che uno dica: io faccio politica, la Chiesa stia lontana. Ma se poi lo stesso rivendica la tradizione cattolica come una tradizione fondante della sua forza politica, tanto da prendere le difese del presepe contro ogni “attacco” multiculturale e facendone un’arma ideologica, allora questo non lo accetto. Fate leggi impietose e disumane. Ma non ammantatele di cristianesimo, per favore. E spero vivamente che la sera di Natale qualcuno a Messa vi ricordi che la vostra stessa religione prevede che un giorno si venga chiamati a rispondere delle proprie azioni proprio di fronte a Dio.
Elisabetta Ambrosi