Il 4 novembre non è una festa

Il 4 novembre non è una festa

Notizia tratta da: huffingtonpost

Il 4 novembre segna per l’Italia la fine, con l’armistizio, della prima guerra mondiale. Non fu e non è proprio una festa. Benedetto XV quella guerra la definì una “inutile strage”. E non si festeggiano le stragi. Morirono inutilmente milioni di contadini, di povera gente, di innocenti sacrificati sull’altare del nazionalismo xenofobo, della follia della guerra, delle ambizioni degli apprendisti stregoni che aprirono la strada alla successiva puntata del mattatoio europeo nel Novecento: la seconda guerra mondiale.

Chi -in contrapposizione al 25 aprile e al 2 giugno- ne vuole fare la “festa nazionale” per eccellenza (a cento anni dalla conclusione della guerra) baratta le sofferenze di milioni di persone per una medaglietta tronfia da appuntare sul calendario di una insulsa retorica patriottarda.

La prima guerra mondiale fu per l’Italia un immenso dramma, una carneficina, un massacro inferto alla parte più indifesa della popolazione: in gran parte i contadini, mandati al macello per soddisfare le bramosie nazionaliste di leadership incapaci e inette, ambiziose, solo assetate di un po’ di potere. Qualche anno dopo l’infamia si ripeté, in un nazionalismo ancora più criminale -quello di Mussolini e dei fascisti- che sostenendo entusiasta la seconda guerra mondiale non ebbe esitazione nel mandare gli ebrei italiani nei lager nazisti pur di assecondare servilmente l’alleato nazista.

La prima guerra mondiale non ebbe niente a che fare con la continuazione del Risorgimento: ne fu invece il plateale tradimento degli ideali e della sua ispirazione più profonda. In tanti si ingannarono: interventisti democratici, vecchi mazziniani e repubblicani e anche molti socialisti che -per usare un’espressione attuale- invece di rimanere fedeli agli internazionalisti si adattarono al bieco sovranismo nazionale e votarono i crediti di guerra. Del loro tragico errore ne resero conto troppo tardi.

Nella scorsa legislatura una proposta di legge proponeva di riabilitare più di mille disertori della prima guerra mondiale che vennero fucilati. Non vollero partecipare per paura, per convinzione, perché contrari alle armi. Anche quello era coraggio: rischiare la morte per non partecipare alla guerra. Quella proposta di legge è stata bloccata: dalle gerarchie militari, dal governo (di Matteo Renzi), dalla Lega e dalle destre. La ministra grillina Trenta non ci pensa minimamente a riproporre quella legge (che pure i 5 stelle avevano sostenuto); anzi festeggia anche lei. Non riconoscere la riabilitazione dei disertori e degli obiettori di coscienza della prima guerra mondiale è un atto disumano, stupido, anacronistico, becero.

Comunque. Tra i generali pusillanimi e plurudecorati che mandarano a morire i contadini (e soldati) a Caporetto e in tante altre folli battaglie e assalti sull’Isonzo e sul Carso e i contadini che furono obbligati a farsi massacrare nei campi di battaglia e i disertori che tentarono di sottrarsi all'”inutile strage” non abbiamo dubbi.

Stiamo con questi ultimi, sempre.

Giulio Marcon

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