Veleni a 5 stelle, da Reggio un dossier contro Dieni

Veleni a 5 stelle, da Reggio un dossier contro Dieni

Notizia tratta da: corrieredellacalabria

REGGIO CALABRIA Archiviate le elezioni e gli ottanta giorni di limbo necessari per arrivare al governo, scatta l’ora dei veleni in casa Cinque Stelle. O meglio, i Meet up locali hanno deciso finalmente di dare libero sfogo a tutti i mal di pancia archiviati in campagna elettorale. Causa dei malesseri di quello di Reggio, la parlamentare – riconfermata – Federica Dieni. L’accusa è di quelle pesanti in casa pentastellata, “poltronismo”. Per questo il meet up locale ha chiesto l’intervento dei probiviri e dello staff, con un accurato dossier inviato per conoscenza anche a tutti i parlamentari calabresi perché le «circostanze descritte (…) rappresentano una palese violazione – da parte della portavoce Avv. Federica Dieni – dei valori, delle idee e dei principi ispiratori del Movimento 5 Stelle». In sintesi, le accuse mosse a Dieni sono due. Primo, aver fatto di tutto per avere un posto nel listino pur di garantirsi l’elezione, incluso “bruciare” uno storico attivista, millantando la vicinanza della sua famiglia ad ambienti mafiosi. Secondo, la paternità della candidatura di Bruno Azzerboni, uno dei massoni che ha fatto arrossire il Movimento a candidature già chiuse.

CANDIDATURA A TUTTI I COSTI Le votazioni on line non erano andate benissimo per la parlamentare grillina. Al termine delle consultazioni fra gli attivisti per l’assegnazione dei posti nella lista proporzionale, Dieni – si legge nel dossier – «risultava terza, posizione che ne avrebbe pregiudicato la rielezione». Da lì sarebbero nate le manovre per essere inserita nel listino, passepartout per una conferma assicurata. Prima ci sono le telefonate, alla coordinatrice della campagna Laura Ferrara, al collega parlamentare Nicola Morra e ad altri parlamentari calabresi.

ALLEATI FUORI REGIONE Poi – riportano gli attivisti – Dieni avrebbe fatto intervenire in suo favore persino l’attuale ministra della Salute, Giulia Grillo, reclutata per sollecitare la coordinatrice della campagna elettorale. Gli attivisti ci tengono a precisare ai probiviri che la neoministra sarebbe «assolutamente estranea alla vicenda sottoposta alla vostra attenzione», ma non possono fare a meno di riportare che «su pressante richiesta da parte dell’Avv. Federica Dieni» Grillo avrebbe anche lei contattato Ferrara «chiedendole di inserire l’ex portavoce reggina nel collegio richiesto ed assicurandola sul fatto che tale prassi fosse stata seguita anche in Sicilia, il tutto nonostante lo staff ed il capo politico Sig. Luigi Di Maio avessero indicato di inserire nel listino personaggi di comprovata esperienza espressione della società civile». Anche Di Maio viene sollecitato sul punto. Ma niente.

IL TELEFONO SENZA FILI Allora – riportano gli attivisti – Dieni cambia strategia. Parte un nuovo giro di telefonate mirate a gettare fango sul candidato scelto dal meet up, Fabio Foti, medico abbastanza noto in città da tempo attivista del gruppo e figlio di un famoso penalista reggino. L’accusa nei suoi confronti, prima velata poi secondo il meet up sempre più palese, è di essere figlio di un avvocato di riferimento dei clan. Scatta l’allarme rosso, le liste si devono chiudere nel giro di 48 ore e si deve improvvisare. Per evitare guai, Foti viene messo alla porta e Dieni guadagna l’agognato posto nel listino.

IL CASO AZZERBONI Ma i guai nelle liste reggine non sono finiti. Il caso Azzerboni, scoperto massone a liste depositate, fa ancora arrabbiare il meet up perché – affermano gli attivisti – «ha avuto importanti ripercussioni sulla raccolta del consenso territoriale ed impedito lo svolgimento di una “normale” campagna elettorale con conseguente perdita del seggio a vantaggio di un esponente di Forza Italia per pochissimi punti percentuali». Orfani della candidatura dell’imprenditore antimafia Gaetano Saffioti, i 5 stelle su indicazione di Dieni hanno indicato Bruno Azzerboni, «con il quale vanta una conoscenza personale essendo egli il padre del compare d’anello del marito di lei». Peccato che a liste chiuse si sia rivelato un impresentabile, quanto meno per i canoni grillini.

LO SCARICABARILE Nel corso di una serie di tesissime riunioni, Dieni si sarebbe giustificata sostenendo «di non essere mai stata conoscenza della cosa e di non averla verificata prima di proporre la candidatura». Ma soprattutto avrebbe tentato di scaricare la colpa su Ferrara «evidenziando, nel contempo, come la questione non investisse la sua responsabilità in quanto l’obbligo di verifica avrebbe dovuto essere in capo solo alla coordinatrice». Peccato, fanno notare gli attivisti, che la stessa Dieni «pur essendo a conoscenza da 6 giorni della notizia dell’appartenenza di Azzerboni alla massoneria, ha evitato di comunicarlo a Laura Ferrara, che è stata avvisata solo dagli attivisti del Meetup Reggio 5 Stelle». Tutti elementi che a detta del meet up devono essere passati attentamente al vaglio dello staff «al fine di contribuire a ristabilire un clima di ritrovata serenità tra tutti gli attivisti di un Meetup storico, come quello di Reggio Calabria», terremotato da (abbastanza goffe, a dire la verità) manovre burocratiche per un’agognata poltrona.

LA REPLICA: «RICOSTRUZIONE FANTASIOSA» la parlamentare ha replicato a stretto giro alle accuse mosse dal Meetup: «La ricostruzione relativa a mie presunte “pressioni” per ottenere la candidatura nel collegio uninominale di Reggio Calabria alle ultime elezioni politiche è fantasiosa e non corrisponde assolutamente alla verità dei fatti». «Mi riservo, pertanto, di agire nelle sedi opportune affinché – conclude Dieni – sia fatta luce sull’infondatezza delle dichiarazioni che mi vengono attribuite e che sono state riportate da diversi organi di stampa. Aspetterò con serenità il giudizio dei probiviri e dello staff del Movimento 5 Stelle, da cui emergerà in modo inconfutabile la correttezza del mio operato».

Alessia Candito

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