Paolo e Karla, da Lima all’Ombligo de la Luna
Per Michela, vent’anni appena, «Visioni nel Parco è stato un cammino importante, perché ho appreso i valori del collettivo TerraTour e sono cambiata in meglio. Inoltre, grazie all’aiuto di artisti giunti dall’altra parte del mondo, è stato rivalutato il parco Frammartino, diffuso il concetto di bene comune e di socializzazione». Simona, giovanissima anche lei, crede invece che «questo approccio variegato all’arte sia il migliore per diffondere i concetti di amore, speranza e giustizia sociale. Non siamo i salvatori della patria. Tentiamo solo di uscire dalla mediocrità, facendo assaporare ai bambini il gusto della bellezza». Concetti semplici, ma estremamente potenti, capaci di unire diversi angoli di mondo. Locride compresa.
La storia. Lui, Paolo, è calabrese di Caulonia. Lei, Karla è messicana di Ciudad Juárez, la “Murder City” della guerra tra i narcos e degli otto mila morti ammazzati in soli due anni.
Lui, ha sempre amato il teatro. A Roma ebbe inizio la sua gavetta teatrale: facchino, tecnico e infine autore di “fora gabbu e meraviglia”. Drammaturgia che tratta di ‘ndrangheta e malavita di Calabria. Con Max Siccardi, famoso visual artist italiano, nel 2009, partì per la Bolivia. A La Paz aiutarono i ragazzi del posto a realizzare installazioni multimediali per le celebrazioni del bicentenario della liberazione del paese. Lungo il viaggio di ritorno fecero scalo a Lima. E all’aeroporto della capitale peruviana, per ora, ci fermiamo.
Lei, è laureata in storia, cura un blog e vive di poesia. Nel 2008 si è unita ad un gruppo di artisti statunitensi e messicani, convinta che anche dal grembo della città più pericolosa al mondo potesse nascere qualcosa di bello. Quel gruppo divenne il collettivo TerraTour che, per prima cosa, iniziò a fornire cibo, coperte e medicinali agli emarginati di Ciudad Juárez. Ma era ancora poco. Quei ragazzi volevano fare di più. Molto di più. Fu allora che uno dei leader, Israel Robles, propose al collettivo di estendere a livello internazionale la loro azione. A partire dal Sudamerica. E in tutto il Sudamerica, Karla iniziò a viaggiare. Perù compreso. Obbligatorio fu lo scalo all’aeroporto di Lima. Fatidico il momento: lo stesso giorno in cui Paolo stava aspettando la sua coincidenza per l’Italia. L’incontro fu inevitabile. Si piacquero subito. Un paio di settimane dopo lui era già in Messico. Da lei. Un paio di mesi più tardi lei era già in Italia, a Caulonia. Da lui. E lì si fermò.
Intanto, in America Latina partì il primo TerraTour. Correva l’anno 2010. Trenta erano gli artisti che si misero in viaggio. Centinaia le persone comuni che li aiutarono nella realizzazione degli spettacoli, ai quali assistettero poi in migliaia. Nessun biglietto d’ingresso. Agli spettatori si chiedevano scarpe usate e in buone condizioni. Scarpe da regalare ai poveri della periferia. Scarpe per aiutare gli ultimi a continuare il loro cammino.
L’anno dopo prese il via il TerraTour continentale, che da Los Angeles giunse a Buenos Aires, generando sui territori la nascita di numerose “basi di trasformazioni”. Donne e uomini di buona volontà che, dopo aver incontrato il collettivo, hanno deciso di intraprendere azioni a sostegno della loro comunità. Pochi mesi dopo, grazie a Paolo e Karla, il gruppo sbarcò nella Locride. In soli 4 giorni incontrò oltre mille studenti della provincia reggina. E diede vita alla più grande Jam Session volontaria dell’intera regione, guidata dal talentuoso chitarrista Francesco Loccisano. In molti rimasero colpiti. In tanti si resero conto che anche la Calabria era affamata di Bellezza. Di arte.
Fu a quel punto che lei, Karla, si chiese: «perché continuiamo a fare volontariato artistico in giro per il mondo e non invece nel posto in cui viviamo?». Chiamarono alcuni dei ragazzi che avevano incontrato nelle scuole. I più sensibili. Una dozzina in tutto. Ne parlarono, ne discussero e insieme decisero di creare un laboratorio artistico per bambini. La sede sarebbe stata il parco Angelo Frammartino, a Caulonia. Un luogo pubblico, un bene comune da rivalorizzare e di cui riappropriarsi, «perché l’arte deve essere per tutti e non appannaggio esclusivo di alcune classi sociali. La nostra speranza – dice Karla – è che fra 5 anni, il ballo, il canto, la pittura, la danza e il teatro, anche nella Locride, vengano considerate attività “normali”».
Fu quello il primo strumento di lotta alla povertà mentale adottato dal neonato progetto “Visioni nel Parco”. Fu quella la prima attività realizzata dalla “base di trasformazione” locridea per mostrare ai bambini cauloniesi e alle loro famiglie l’esistenza di un’alternativa ai videogiochi, al bullismo e agli ambienti sterili e putridi della mafia.
Non fu facile. Il collettivo non piaceva a tutti. Erano “controllati” dalle ronde di sgherri mafioseggianti e insultati continuamente. Ma i ragazzi ormai erano diventati gruppo e il movimento si cementificò: arrivarono nuove persone e in breve i laboratori divennero sette: teatro, musica, giocoleria, pittura, street art, riciclo creativo e danza. Ognuno impreziosito dalla ricchezza della multiculturalità, con gente proveniente da ogni dove: Ghana, Polonia, Messico, Tunisia, Germania e Nigeria.
“Visioni nel Parco” ora punta ad ottenere l’utilizzo di un bene comune al chiuso per poter proseguire i laboratori anche d’inverno. L’amministrazione di Caulonia ha promesso appoggio e sostegno. «Vogliamo continuare a lavorare per la comunità, senza chiedere nulla in cambio, se non il rispetto dovuto. Sembra utopia, ma è solo questione di volontà» chiosa Paolo. Per Maria Grazia invece «Visioni nel Parco rappresenta un trampolino di lancio verso la Bellezza. Fino ad ora siamo andati in alto. Poi se un giorno dovessimo cadere, avremmo comunque creato delle basi morbide sulle quali atterrare».
Basi morbide che hanno portato alla nascita del circolo culturale “Ombligo de la Luna”…