Chiusura centri minori non accompagnati: l’appello al prefetto
Notizia tratta da: calabriapost
“Sua Eccellenza Signor Prefetto, La preghiamo di prestarci attenzione. Noi abbiamo dei fratelli, vogliamo parlargliene. Siamo certi che Lei, considerate le enormi problematiche del nostro territorio, non possa aver seguito anche la vicenda che ci apprestiamo a raccontarle. Ci appelliamo alla Sua riconosciuta sensibilità di uomo delle Istituzioni, fatte per liberare la persona e non per annichilirla.
Qui sta per avvenire qualcosa che chiama le nostre coscienze a dire, con forza: Non-è-possibile; Non-è-giusto! I nostri fratelli tra poche ore saranno portati via da questa città. Portati. Noi abbiamo dei fratelli. I loro nomi sono stati registrati tre anni fa sulla banchina del porto di Reggio Calabria. Sono rinati nella nostra città, dopo la guerra, il mare, il rischio di morte. Appartengono a quella categoria detta di “minori non accompagnati”. Per noi sono nomi, volti, esperienze condivise, fratellanza. Sono stati accolti in strutture del territorio: strutture piccole, che accolgono pochi ragazzi per volta, in modo da poter garantire a ciascuno il rispetto e la cura che meritano. Sono strutture di prima accoglienza, i minori dovrebbero restarci un mese. Ci sono rimasti quasi due anni. Gli operatori si sono dati da fare per integrare i ragazzi al meglio delle loro possibilità. Li hanno iscritti a scuola, nei gruppi scout, li hanno coinvolti in tutte le iniziative più nobili di questa terra difficile. E loro: si distinguono a scuola, hanno portato vita vera nei nostri gruppi, sono stati –più di noi- attivi nelle manifestazioni e nelle riflessioni contro la ‘ndrangheta e il malaffare. Noi li abbiamo visti rifiorire, noi siamo rifioriti insieme a loro.
Questi centri di prima accoglienza hanno fatto un lavoro che non è obbligatorio, non richiesto. A loro compete semplicemente sbrigare le prime pratiche sanitarie e burocratiche. Eppure hanno modellato per ogni ragazzo un Progetto Educativo. Hanno fatto più di ciò che compete loro. Tutti noi, anche noi scout, abbiamo fatto più di ciò che ci compete. Se migliaia di italiani, tempo fa, avessero fatto semplicemente ciò che era di loro competenza oggi avremmo ancora il fascismo e le leggi razziali. Per fortuna c’è sempre chi fa qualcosa in più del proprio dovere, anche se costa. Non è forse questo il principio che pervade tutta la nostra Costituzione, non è questo forse ciò che chiamiamo Civiltà e Dignità? Non sono questi i valori nei quali è necessario riconoscersi? Tra poche ore questi ragazzi saranno trasferiti in Sicilia. A pochi mesi dalla fine della scuola, senza aver quasi avuto il tempo di salutare i propri amici. Questo sarà burocraticamente irreprensibile, ma non è giusto, non può esserlo. Il provvedimento normativamente più inattaccabile, diventa iniquo se schiaccia la persona. Perché interrompere così drasticamente un percorso, perché non lasciare -si tratta di pochi mesi- che possa concludersi? Se domani qualcuno strappasse i nostri figli, i nostri fratelli dalle nostre case come reagiremmo? Ci calmerebbe il fatto che “ questo dice la legge”, che “ dovevano fermarsi solo un mese…”? In tutta coscienza, no! Le chiediamo, signor Prefetto, di impedire che questo avvenga. È nelle sue possibilità. Consenta almeno che questi ragazzi concludano qui l’anno scolastico.
Come si può permettere che dei minori debbano, per legge, cambiare così definitivamente vita e con così poco anticipo? Pochi giorni sono i tempi di un provvedimento, non possono essere i tempi giusti per il riconoscimento della dignità di una persona. Dov’è in questo provvedimento “l’interesse superiore del fanciullo, preminente in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private, di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organo legislativi?”. Ci aiuti qualcuno a capirlo, perché non lo vediamo. Però ci aiuti con la verità della vita, non con l’urgenza delle carte e delle procedure. Questi nostri fratelli piangono da tre giorni, siamo noi con loro ad asciugare le lacrime, senza poter dare una spiegazione che sia davvero compatibile con la Giustizia. Le partenze così improvvise hanno per noi giovani, per noi educatori, il sapore amaro della morte. Trasformano il difficile percorso di Integrazione in Dis-integrazione. Dormire nella stessa tenda, raccogliersi attorno allo stesso fuoco ci hanno insegnato che noi e loro non siamo più italiani e stranieri, ma fratelli “di uno stesso sangue” uniti nella patria della Civiltà che sana ogni ingiustizia.
Un articolo delle nostra Legge Scout recita: Sanno obbedire. Ci richiama all’obbedienza saggia, all’obbedienza civile. Impone di obbedire solo agli “ordini” che mettono davanti a tutto la dignità della persona. Questo è un ordine a cui bisogna obbedire? È legale, ma è giusto? O non vi si ubbidisce, piuttosto, semplicemente perche non si ha il potere di contrastarlo? In questo discernimento Le abbiamo voluto scrivere. Lei ha la possibilità di definire una pagina diversa in questa storia, di fare crescere la fiducia di tutti quei giovani ( ce ne sono tantissimi tra i coetanei di questi “minori non accompagnati”) che non hanno fiducia nelle Istituzioni, che le vedono distanti e le contestano a prescindere. Vogliamo dire che la scuola, i gruppi educativi, i progetti educativi, le persone sono più importanti dei cavilli burocratici, delle scadenze amministrative! Vogliamo dire che quello che conta è l’essere umano e non il numero di protocollo in una pratica! Qui ci sono esseri umani, minori, che devono lasciare tutto improvvisamente, dopo averlo già fatto. Facciamo almeno che possano concludere l’anno scolastico. Ci dia, Signor Prefetto, la possibilità di credere che la Legge, anche quando ha ragione, ha la ragionevole forza di venire a patti di buonsenso con i giusti”.
Il Gruppo Scout Agesci RC7 Padre Piergiorgio Lanaro