Giordano: “Reggio sott’acqua, quando ad affondare è la mala politica.”
Riceviamo e pubblichiamo:
Chi ha scarsa memoria è condannato a ripetere gli errori del passato, così, a due anni esatti dall’alluvione che colpì il reggino, causando non pochi danni nella Locride, Reggio si è svegliata sommersa da acqua, fango e detriti.
Eppure un’allerta meteo era stata inviata già nella giornata del 5 novembre.
Non letta da tutti a quanto pare: le imbarazzanti dichiarazioni del Sindaco Falcomatà, fanno tornare alla mente le parole del filosofo Emil Cioran: “Si va alla deriva e soltanto mentre si sta colando a picco si ammette di essere un relitto. Troppo tardi, allora, per affondare di propria volontà.”
Forse con un una previsione più accurata, magari di codice rosso, la situazione sarebbe stata differente? A guardare i danni causati dalla bufera forse la situazione sarebbe rimasta invariata.
Cosa avrebbe dovuto fare la protezione civile? Spalare i detriti dai tombini? Liberare le cunette e, più in generale, i canali di scolo delle acque? Queste non sono operazioni straordinarie o di “ordinaria amministrazione”? Si ha come l’impressione di essere assuefatti dall’ordinario che diventa straordinario!
Quante volte, dal suo completamento, la rotatoria di San Leo si è trasformata in una piscina? Non si è mai intervenuto strutturalmente sulle criticità alla base del problema, si è solo pensato a pulire la zona una volta finito il mal tempo. Non serve un ingegnere per capire che se l’acqua non defluisce nei pozzetti (che il più delle volte sono otturati abusivamente dai cittadini per “salvaguardare” la proprietà) andrà a finire nella zona della città a quota più bassa, e quindi ritrovarci allo stadio sommersi dall’acqua. Se i torrenti sono quasi completamente asciutti, così come lo era il Calopinace, e le strade stracolme di acqua e detriti, allora qualche domanda deve essere posta. Non si può non parlare di cattiva progettazione, oltre a parlare di cattiva manutenzione. Se il vecchio Genio Civile insegnava che le strade dovevano essere “a schiena d’asino” in modo che le acque potevano sparire nei tombini, oggi invece a sparire sono i tombini. Purtroppo ci rimangono gli asini.
Il problema non è da imputare al maltempo in quanto tale, ma alla (mal)gestione politica della nostra città… O forse le bombe d’acqua sono state messe dalle precedenti amministrazioni?
È doveroso ricordare quando nel 1993 il sindaco Reale, proprio a seguito di un evento di burrasca simile a quello odierno, fu spinto dall’opposizione alle dimissioni. Ovviamente, Falcomatà Italo capeggiava l’opposizione e l’anno seguente divenne sindaco di Reggio.
Andata via l’acqua, rimane il fango e la terra. Gli incendi estivi hanno senza alcun dubbio indebolito strutturalmente il terreno: venendo meno gli alberi, la terra scende liberamente in mezzo alla strada. Occorre riqualificare il territorio, bonificando interamente le aree verdi dando maggiore solidità a tutte quelle zone già ad alto rischio idrogeologico. Reggio sta affondando nella paludosa sopraffazione addobbata a pseudo-legalità, nella miseria, nella indifferenza, e si nella corruzione e nell’assenza di responsabilità (o incapacità irresponsabile). Laddove ora anche il dissesto idrogeologico produce, in senso concretamente sostanziale, l’effetto dell’affondamento. Possiamo ora cominciare a narrare la nostra Atlantide.
Demetrio Giordano
Federazione Metropolitana P.R.I. Reggio Calabria
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