L’Europa che non c’è
In questi ultimi mesi più che mai l’Europa ha dimostrato la propria inconsistenza e la propria fragilità, in merito a tematiche socio-politiche di primaria importanza, confermando sostanzialmente che l’unione tra i vari Paesi membri ha una matrice prettamente economica.
È l’Europa delle banche e dei banchieri insomma.
Per anni il fenomeno dell’immigrazione è stato lasciato in un dimenticatoio silenziosamente assordante, senza che fosse mai seriamente affrontato e discusso in maniera efficace e concreta, nel rispetto dei diritti di tutti ed in particolare dei più deboli.
Sono dovute morire circa ottocento persone, qualche mese fa, perché ci si ricordasse che l’argomento “ha massima urgenza”, e allora al via con i soliti procedimenti rituali: assemblee straordinarie, minuti di silenzio e dichiarazioni d’intenti che, per un motivo o per l’altro, vengono sempre disattese.
Urgeva allora ed urge oggi una soluzione condivisa, che però deve essere propositiva e non distruttiva.
Perché “affondare i barconi” più che una soluzione sembra un modo rapido e quanto più possibile indolore per lavarsene le mani e girarsi dall’altra parte di fronte al dolore ed alla disperazione che muovono il “popolo del mare”.
Come se non bastasse, gli stati europei stanno percorrendo sempre con maggiore convinzione la via della chiusura e della diffidenza.
In Italia la Lega Nord, che tra l’altro ha ottenuto una buona affermazione elettorale a fine maggio, da tempo fa della “lotta allo straniero cattivo” uno dei propri cavalli di battaglia.
All’onnipresente Salvini si è affiancato, forse colto da improvvisa invidia nei confronti del collega leghista, Roberto Maroni, dichiarando che premierà i comuni che rifiuteranno di accogliere clandestini.
La Francia, dal canto suo, ha decisamente chiuso le frontiere.
Il Ministro dell’Interno ha dichiarato: “Non passeranno, se ne deve fare carico l’Italia”.
Insomma, tutto all’insegna della collaborazione, del buon senso e del rispetto reciproco.
E poco importa se viene palesemente violato l’Accordo di Schengen.
Sul web si è efficacemente ironizzato su come gli storici valori francesi “liberté, égalité, fraternité” a seguito di questa vicenda possano essere modificati in “liberté, égalité, tieniteli-té”.
Deve preoccupare questo ritorno al linguaggio ed ai provvedimenti di ostilità e di rancore che hanno purtroppo molta presa sulla maggioranza dei cittadini, facendo leva su un populismo che alimenta ed acuisce una paura collettiva già diffusa.
E l’Europa sta a guardare, non da risposte e fa crescere domande e perplessità.
Nel frattempo, la problematica persiste, e le soluzioni sembrano paradossalmente sempre più lontane.
Ma state tranquilli, le dichiarazioni di intenti sono già iniziate.