‘Ndrangheta e appalti, 25 arresti legati a clan Piromalli
FONTE: http://www.repubblica.it/cronaca/2017/02/13/news/sequestro_clan_piromalli-158188503/
REGGIO CALABRIA – Nuovo colpo al clan Piromalli. Dopo i fermi disposti dalle Dda di Reggio Calabria e Catanzaro, nell’ambito della maxioperazione Cumbertazione – 5 lustri, si passa alle misure patrimoniali.
Sotto sequestro sono finite 38 imprese, del valore di 200 milioni di euro, considerate dagli inquirenti espressione del cartello usato dal potente casato mafioso di Gioia Tauro per accaparrarsi i più importanti appalti tra la provincia di Reggio e quella di Cosenza. Un risultato reso possibile dalle regolari soffiate dei funzionari, come da consolidati accordi di spartizione con gli altri clan.
In questo modo, i Piromalli, tramite il loro braccio operativo, il clan Bagalà, hanno messo le mani su importanti lavori di ristrutturazione e di riqualificazione ambientale, ma anche su di un appalto sull’A3.
Il metodo – scoperto dai magistrati coordinati dal procuratore capo, Nicola Gratteri, di Catanzaro, e dal suo omologo reggino, Federico Cafiero de Raho – era semplice e straordinariamente efficace. Per ogni lavoro messo a gara, le 60 imprese del cartello, riunite in Ati o Rti, presentavano offerte già in precedenza concordate, in modo da far aggiudicare i lavori a una di quelle del gruppo. Oppure le buste venivano consegnate in bianco e compilate da chi di dovere. Quando l’appalto toccava ad una delle imprese direttamente controllate dai Piromalli, o dal loro braccio operativo, il clan Bagalà, erano loro stessi a eseguire i lavori, altrimenti subentravano con i classici noli o attraverso le procure speciali rilasciate ai loro uomini di fiducia.
In questa fase, i Piromalli potevano contare su diversi potenti alleati collocati in posizioni strategiche. Si tratta dell’ingegnere Pasquale Nicoletta e della sorella Angela, dirigente dei Lavori Pubblici del Comune di Gioia Tauro e testa di ponte del clan nella casa comunale, come del funzionario Anas, Giovanni Fiordaliso.
Tutti quanti avevano un ruolo fondamentale. Spesso chiamata a presiedere le commissioni di gara, Angela Nicoletta non solo forniva informazioni riservate e suggerimenti tecnici alle imprese legate ai clan, ma all’occorrenza si attivava per differire i termini di consegna per non tagliare fuori il cartello criminale.
In cambio di orologi Rolex o viaggi a Firenze o Taormina, l’ingegnere Fiordaliso, direttore dei lavori per la realizzazione dello svincolo autostradale di Rosarno, che più volte ha permesso ai professionisti vicini ai Bagalà di compilare la “relazione riservata” che sarebbe stata di sua competenza.
Allo stesso modo, più volte si è attivato perché venisse accelerata la firma dei SAL (Stato Avanzamento Lavori) e la relativa liquidazione e in caso di contenziosi, faceva pressione su Anas perché si giungesse ad un accordo bonario il più possibile remunerativo per l’appaltatore.
Per questo motivo, 25 persone, a vario titolo coinvolte nel sistema, sono state raggiunte da misure di prevenzione personali con l’accusa di associazione mafiosa, di turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici. In carcere sono finiti Luigi Bagalà, Giuseppe Bagalà, Francesco Bagalà (cl.77), Francesco Bagalà (cl.90), Giorgio Morabito, Pasquale Rocco Nicoletta, Angela Nicoletta, gli imprenditori romani Carlo Cittadini e Cristiano Zuliani. Sono invece stati disposti gli arresti domiciliari per l’ingegnere Giovanni Fiordaliso, Ettore Della Fazia, Francesco Migliore, Filippo Migliore, Alessio La Corte, Vito La Greca, Santo Fedele, Bruno Polifroni, Rocco Leva, Bruno Madaffari, Domenico Coppola, Angelo Zurzolo e Gaspare Castiglione.
Mirko Pellegrini è stato invece colpito da obbligo di dimora. Ma in manette è invece finito Giuseppe Antonuccio,
detto “Garibaldi”, sfuggito alla cattura venti giorni fa. Considerato uomo di fiducia dei Muto, l’uomo si nascondeva a Cetraro, feudo del clan. A scovarlo sono stati i carabinieri del comando provinciale di Cosenza, che lo hanno arrestato con l’accusa di associazione mafiosa.
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