Il 17 gennaio 2017 si celebra la “Giornata Nazionale del Dialetto e delle lingue locali” UNPLI.
La Pro Loco UNPLI di Gioiosa Jonica aderisce per la prima volta a questa importante iniziativa e lo fa coinvolgendo le scuole attraverso letture di brani dialettali. Infatti, martedì 17 gennaio dalle ore 11,00 alle ore 12,00 nel grande atrio del Liceo Scientifico “P. Mazzone”di Gioiosa Jonica, alla presenza di alcuni conosciuti scrittori e poeti del territorio si cercherà di coinvolgere i ragazzi nella lettura di brevi brani scritti in dialetto calabrese (ristretto alla zona della locride) guidati da esperti.
Non sarà un esame, ma un vero momento di confronto e di “arricchimento”. Il dialetto per gli italiani è “la lingua del cuore” e, rappresenta un autentico “patrimonio” da rivalutare. L’Italia è la nazione europea più ricca di dialetti. Addirittura, fino a pochi decenni fa gran parte della popolazione parlava solo il dialetto e conosceva poco e male l’italiano. La lingua italiana deriva dal latino, così come dal latino discendono i dialetti che si parlano in Italia. Inizialmente tutte le lingue derivate dal latino venivano chiamate lingue volgari o semplicemente volgari. La parola volgare vuol dire appunto parlato dal volgo (dal latino vulgus), cioè dal popolo, che ormai non conosceva più il latino.
Calcolare quanti dialetti esistono in Italia è difficile, se non impossibile. Infatti in ciascun paese il dialetto ha spesso caratteristiche che lo differenziano da quello del paese vicino. In genere si fa riferimento a regioni, a province o a grandi città per definire i dialetti. E così parliamo di dialetto calabrese, piemontese o lombardo, milanese, cosentino, e così via. Ma in realtà sono denominazioni molto larghe e imprecise, perché spesso le differenze sono tali che non vi è possibilità di comprensione reciproca perfino all’interno della stessa regione. Inoltre, i suoni dei dialetti dell’Italia settentrionale, centrale e meridionale sono notevolmente diversi tra loro. Parte di questa diversità dipende addirittura dalle lingue che vi erano parlate prima della diffusione del latino. Intatti, il nostro dialetto è un patrimonio culturale di straordinario valore.
Tuttavia durante i secoli i nostri compaesani o corregionali emigrati al nord oppure all’estero hanno spesso avuto una considerazione negativa dai centri ospitanti, poiché considerati inferiori (nei casi di apprezzamenti gentili) in quanto ritenuti addirittura ignoranti. Per ogni civiltà il dialetto era la lingua materna, cioè la prima lingua: la lingua parlata prima di andare a scuola e fuori della scuola. Il dialetto era proibito a scuola, dove si doveva usare solo l’italiano, anche se per molti era una vera e propria lingua straniera. Fu un errore, che non consentì a molti né di imparare l’italiano né di acquisire un titolo di studio.
Questo atteggiamento negativo durò per oltre un secolo, fino a pochi decenni fa, facendo nascere anche in molti quasi un senso di vergogna per il dialetto. Dalla seconda metà del secolo scorso a oggi la situazione è radicalmente cambiata. Grazie a una notevole crescita economica e sociale, a un impegno più incisivo nell’istruzione e alla diffusione della radio e della televisione, oggi quasi tutti (oltre il 95% della popolazione) conoscono e usano l’italiano. Tuttavia questo non vuol dire che il dialetto è scomparso, poiché circa il 50% continua a usarlo. In altre parole circa trenta milioni di Italiani conoscono e usano sia l’italiano sia il dialetto: in relazione alle circostanze o a chi ci si rivolge molti scelgono se usare l’uno o l’altro. Anzi, perfino nella stessa frase spesso ci sono parole o espressioni sia italiane sia dialettali.