Le parole solenni e inequivocabili, pronunciate nell’ultima direzione nazionale di domenica 18 dicembre da parte del fu premier e ancora segretario del partito democratico Matteo Renzi, mi hanno dato qualche soddisfazione seppure amara e consolatoria.
Intanto, secondo il mio giudizio, va detto che su questo segretario pesa forte l’onta “non di aver perso, ma di avere straperso”, come lui stesso ha dovuto ammettere. Quindi trovandosi ora a dover recuperare un rapporto con i territori, con la base del partito, con il popolo democratico e soprattutto con gli italiani. Cosa che non gli tornerà affatto facile.
Ma dicevo della mia soddisfazione, seppure amara.
(premessa)
1. Ho una storia personale e famigliare credo di tutto rispetto; tale che mi avrebbe dovuto vedere partecipe di questa tradizione e della vita di questo partito.
2. Ho creduto in questo partito fin da quando ho sentito dal vivo Walter Veltroni pronunciare, per la prima volta, le due parole Partito Democratico alla fiera di Roma, era il 1993 o ‘94. Fino a giungere al mio impegno per l’elezione di Renzi a segretario nazionale.
3. Ho partecipato a cinque raduni della Leopolda renziana a Firenze con l’auspicio che la rottamazione avvenisse realmente e generasse aria nuova; senza incagliarsi tra gli scogli verdiniani o le secche delle fiducie governative sulla riforma costituzionale che poi è stata affondata dal referendum.
Nonostante tutto questo e altro ancora, non è bastato ad evitare che a Caulonia il sottoscritto rimanesse escluso ed emarginato dalla vita del partito. Anche se devo ammettere in qualche caso per mie responsabilità.
Ma oltre all’ammissione della “straperdita”, mi hanno colpito le parole del Segretario Renzi quando ha affermato testualmente che “abbiamo avuto un approccio troppo centrato sul notabilato e non sulle forze vive della comunità del Sud».
Che delizia e contentezza che il Renzi è convenuto, dopo tre anni dal mio intervento in piena platea leopoldiana, alle stesse conclusioni e ammonizioni che proprio in quell’intervento io facevo. Si proprio così. Ero andato perfino a Firenze a metterlo in guardia sul partito dei notabili a scapito delle forze vive della comunità. Ora ci è arrivato pure lui. Ha dovuto straperdere il referendum 40 a 60. La cosa mi fa piacere da una parte, ma mi dispiace dall’altra, perché con tutti i suoi limiti, ammaccature e storture, questo partito rimane pur sempre un baluardo di processo democratico, civile e politico per l’Italia e, spero per Caulonia.
Quindi caro PD, SE NON ORA QUANDO? Tra qualche mese a Caulonia si dovrà rinnovare l’amministrazione comunale. Sappiamo tutti che il paese non brilla e si trova da tempo in una situazione di stagnazione generalizzata. Serve un segnale forte di discontinuità e ricambio. SERIO, CONSISTENTE E NON DI FACCIATA! Il PD deve farsene carico con urgenza, perché ne ha l’onere, pena il vivacchiare nel pantano.
Ho assistito negli ultimi tempi a un paio di iniziative pubbliche in cui si cominciava ad accennare ai possibili scenari. In queste iniziative ho detto la mia e ho notato una disponibilità al dialogo e all’apertura. Ho avvertito segnali concreti che non contengono proclami retorici o di circostanza. Di questo voglio dare atto alla direzione cauloniese del Partito e alla segretaria in particolare.
Qualcuno propone ampie convergenze o coalizioni, proprio per la drammatica situazione a cui si dovrà fare fronte. Un paese più unito e solidale, socialmente e politicamente, forse potrà ottenere maggiori e migliori risultati. Quanto meno ne uscirà meno lacerato. Quindi mi auspicherei un PD proiettato verso l’unità e il cambiamento; che fosse fulcro, o azionista di maggioranza, di tale processo. D’altronde la coalizione “trasversale” vige al governo nazionale e financo nella Germania di Angela Merkel.
Personalmente credo che occorra parlarne e dibatterne; alla luce del sole e nel segno della trasparenza. Non mi sono fatto un’idea precisa e non è detto che sposerò alcuna posizione. VOGLIO PRIMA TOCCARE CON MANO E CAPIRE. Ma offro al Partito Democratico la mia proposta di discussione. L’iniziativa che avevo programmato e annunciato di tenere a titolo personale sono pronto a tenerla in un confronto pubblico. L’amor patrio e (forse) un senso di responsabilità dovuto alla maturità mi dicono che è il momento della solidarietà. Pur mantenendo, ove necessario, ciascuno le proprie posizioni dialettiche o di dissenso.
Per ciò che attiene al merito del percorso da intraprendere in vista delle amministrative insisto nel ritenere che sia necessaria una forma di selezione delle candidature che passi attraverso il suffragio popolare, diretto o mediato. A) Primarie aperte e generalizzate? B) Assemblea dei Grandi Elettori? C) Consultazioni degli iscritti e della base? È un rischio da correre e un onere da assumersi. La democrazia e il rispetto per la sovranità popolare comportano questi passaggi. Come pure la compilazione di un programma condiviso e scaturente dal confronto coi cittadini. A cominciare dalla cultura, dal sapere, dalla crescita civile.