Rapimento Aldo Moro. Indaga anche la Procura di Reggio Calabria. Boss Nirta presente in via Fani
Fonte: www.ilsole24ore.com
Di Roberto Galullo
A indagare sul rapimento e la morte di Aldo Moro non sono non sono solo la Procura di Roma e la Procura generale di Roma ma anche quella di Reggio Calabria.
Il 12 ottobre 2016, appena un attimo prima di dare la parola al generale dei Carabinieri in pensione Antonio Federico Cornacchia, il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e la morte di Aldo Moro, il Pd Giuseppe Fioroni, ha infatti dichiarato che «con lettera pervenuta in data odierna il dottor Pignatone ha informato che nell’ambito del coordinamento tra la Procura della Repubblica di Roma e quella di Reggio Calabria, la Procura della Repubblica di Roma sta procedendo al conferimento di un incarico di consulenza tecnico balistica sui reperti di via Fani e di via Caetani».
Le piste che portano in Calabria, del resto, sono moltissime.
Il giorno del rapimento, avvenuto il 16 marzo 1978, all’angolo di via Fani con via Stresa, gli agenti di Ps e i Carabinieri rinvennero 84 bossoli calibro 9 e 4 calibro 7,65, 12 frammenti di proiettili, un caricatore con 25 colpi calibro 9 lungo, un paio di baffi posticci e la pistola dell’agente di scorta Raffaele Iozzino, mentre non è stata ritrovata la pistola mitragliatrice Beretta M12 in dotazione al brigadiere di scorta Francesco Zizzi. Le perizie balistiche in corso sull’asse Roma-Reggio Calabria potrebbero portare a clamorose novità, anche alla luce del ruolo di “ombrello” a terrorismo e servizi deviati che all’epoca avevano le cosche di ‘ndrangheta e, al tempo stesso, fornitura di armi.
Ma c’è di più. La presenza (ancora eventuale per rispetto del lavoro degli inquirenti) sul luogo dell’eccidio di Antonio Nirta, detto due nasi (per la passione per la doppietta), che già verso la fine del 1992 entrò in scena con la deposizione di Saverio Morabito, uomo di punta della ‘ndrangheta, che decise di collaborare con la giustizia e venne pertanto interrogato nel carcere di Bergamo dal sostituto procuratore della repubblica di Milano Alberto Nobili. Morabito riferì della presenza in via Fani di un elemento di spicco della ‘ndrangheta calabrese, Antonio Nirta, appunto. La Commissione bicamerale d’inchiesta già a febbraio raccolse sul punto due preziose testimonianze e incaricò il pm Gianfranco Donadio di scavare sui tanti misteri.
Il presidente della Commissione d’inchiesta sul rapimento e la morte di Moro, Giuseppe Fioroni, il 13 luglio 2016 disse testualmente: «Possiamo affermare con ragionevole certezza che il 16 marzo del 1978 in via Fani c’era anche l’esponente della ‘ndrangheta Antonio Nirta. Il comandante del Ris, Luigi Ripani, ha inviato l’esito degli accertamenti svolti su una foto di quel giorno, ritrovata nell’archivio del quotidiano romano Il Messaggero, nella quale compariva, sul muretto di via Fani, una persona molto somigliante al boss Nirta. Comparando quella foto con una del boss, gli esperti sostengono che la statura, la comparazione dei piani dei volti e le caratteristiche singole del volto mostrano una analogia sufficiente per far dire, in termini tecnici, che c’è l’assenza di elementi di netta dissomiglianza».
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