Come ho ribadito nel mio intervento all’incontro per la presentazione della Riforma del Welfare, ho voluto essere presente per esprimere il mio entusiasmo e un plauso all’Assessore Roccisano ed alla Giunta Regionale per aver finalmente varato questa riforma attesa da ben 16 anni ed invece a questi sentimenti di orgoglio di cittadina calabrese si è aggiunto quello di tanta amarezza nell’ascoltare alcuni interventi di primi cittadini (protagonisti principali della riforma) primo tra tutti il Sindaco di Catanzaro. Lo stesso senza entrare in merito né al traguardo raggiunto che vede la nostra Regione allineata a quanto già fatto dalle altre Regioni d’Italia e cioè l’applicazione della Legge 328/2000 nè al bacino delle persone socialmente fragili cui la Riforma è rivolta, si è limitato a contestare la stessa, esprimendo palesemente che lui non ci sta e non ne vuole sapere perché la sua amministrazione non si sente pronta a questo trasferimento di fondi e competenze dimenticando che la stessa è dettata per legge non per iniziativa personale dell’Assessore Regionale e né dalla Giunta Regionale.
Dal suo intervento e da altri che ho ascoltato mi è stato chiaro perché questa riforma è rimasta sepolta per 16 anni e con grande amarezza e rabbia (tutta esternata in quella sede) ho compreso che le resistenze di alcuni personaggi istituzionali, che ricordo sono quelli più prossimi ai cittadini, sono stati un deterrente al varo della Riforma. Come ho ribadito prima io e poi chi mi ha seguito negli interventi, un sindaco che esprime tutto ciò dovrebbe dimettersi! Cari sindaci (ma non tutti) mi viene da parafrasarvi “vi piace vincere facile?”. Prima bastava usare il metodo delle richieste alla Regione come un bancomat per gestire il welfare municipalizzato, senza particolari impegni di sorta. Oggi la dovuta e perentoria Riforma fa paura, perché non si è abituati a programmare, a pensare, ad ascoltare e quantificare i bisogni del proprio territorio di competenza e non solo, si dimostra di non saper fare gruppo ed i Piani di Zona è fare gruppo, è programmare ed intervenire in rete con tutti gli attori che la legge stessa prevede.
A nome dell’Associazione Agess, faccio un plauso all’assessore Roccisano, alla Giunta Regionale ed a tutti coloro che hanno fatto parte del tavolo tecnico per aver concretizzato questa Riforma attesa da ben 16 anni e la cui portata e ricaduta sociale non è mai rientrata nell’agenda politica e programmatica delle precedenti Giunte regionali ed assessori del ramo. Ed io che vivo sia come presidente di una associazione che si occupa di disabilità, sia come mamma di due figli utenti delle politiche sociali non posso esprimere con gioia ed anche con un pizzico di commozione il mio grazie all’assessore Roccisano per l’impegno, l’abnegazione e perché no del coraggio dimostrato nel mettere mano ad una riforma tanto indispensabile per mettere ordine nel vasto campo delle politiche sociali quanto ignorata da chi per 16 anni ha governato la nostra regione.
In questi anni abbiamo subito non solo i nostri problemi ma anche l’indifferenza di chi aveva il dovere di mettere ordine nelle nostre vite di per sé confuse dalla disperazione, dall’abbandono istituzionale, eppure la legge per noi era stata fatta, la 328 faceva di noi non più comparse sociali ma protagonisti sociali, non più ricevitori di interventi tampone che mantenevano l’individuo in una condizione di passività, ma valorizzava la responsabilità, le risorse e le capacità proprie di ogni persona.
Per questi lunghi 16 anni noi ci leggevamo la 328 come un testo profetico e a volte siamo pure giunti a giudicarla una legenda metropolitana.
Oggi ovviamente non si è avverata una profezia, oggi è stato fatto quello che doveva essere fatto, una frase scontata se non fosse che per fare ciò che doveva essere fatto ci sono voluti 16 anni e la sensibilità di un assessore che ha reso dovuto quello che era sperato.
Entrando nel merito della riforma, è palese nella sua lettura che ogni cittadino diventa protagonista, l’utente è considerato un soggetto attivo, protagonista di un progetto di vita e, spesso, è lui stesso un portatore di risorse. Gli operatori non lo assistono, bensì lo accompagnano nel suo percorso di vita.
La riforma delle politiche sociali mira a cambiare il punto di osservazione e di attenzione: il centro da cui tutto si irradia è l’individuo sia nel suo essere singolo che come parte di una collettività e i servizi che vengono realizzati devono essere improntati ad alti livelli di qualità sociale, intesa come condizione essenziale per raggiungere uno sviluppo equilibrato e sostenibile.
Potremmo dire che l’assessore Roccisano ha scritto un pezzo di storia sociale, ma attenzione…la storia non si scrive solo, la storia si fa, e per far sì che questa riforma non sia solo uno spot, occorre che la stessa raggiunga il suo obiettivo finale! Immagino questa riforma come un fiume che attraversa tutta il nostro territorio e questo fiume è ricco di immissari (che sono i bisogni che incontra) ed il fiume assieme ai suoi immissari devono giungere facendo affluire diritti, tutele ed assistenza nel lago che rappresenta il bacino dell’utenza sociale. Ma se questi immissari (cioè i bisogni) trovano dinanzi una diga rappresentata dalla resistenza, inefficienza ed incompetenza in chi è prossimo ai cittadini (comuni, sindaci, distretti), questo fiume strariperà solo in sprechi di denaro pubblico senza raggiungere i veri obiettivi. Quindi mi rivolgo agli organi istituzionali cui verranno trasferiti i fondi e le competenze per le politiche sociali, di abbattere le dighe della reticenza, perché al di là dei muri…ci sono persone!