Calabria: mare, bellezza radioattiva e morte
È bello il mare in Calabria.
In Calabria il mare ci identifica, ci inorgoglisce.
Il mare è la nostra grande bellezza: una presenza consolatoria, strumento di illusoria rivincita verso il resto del mondo.
Eppure, da ieri anche il mare fa un po’ più paura: l’inviato Giulio Golia de “Le Iene” in un servizio ha messo in luce una situazione che, se confermata dall’attività degli inquirenti, desterebbe seria preoccupazione: nei mari calabresi sarebbe presente un tasso di radioattività di gran lunga superiore rispetto ai valori consentiti.
L’inchiesta, che già la scorsa settimana aveva messo in evidenza i numerosi casi di tumore ad Africo, questa volta si è spostata nel catanzarese, traendo spunto dalla storia di due cugini che, dopo aver toccato una strana palla di fango finita casualmente nella loro rete durante una battuta di pesca, hanno avvertito bruciore e prurito alle mani.
Poco tempo dopo l’episodio, sono stati colpiti entrambi da leucemia mieloide, che li ha portati alla morte.
Diverse persone intervistate hanno inoltre dichiarato di aver visto dei bidoni giallo-neri vicino la riva.
Golia ha misurato il livello di radioattività delle reti di alcuni pescatori della zona e quello presente sulla spiaggia a soli due metri di profondità: in entrambi i casi i dati sono apparsi preoccupanti.
Ovviamente, “Le Iene” non hanno gli strumenti per conferire valenza scientifica ai risultati acquisiti, ma quanto emerso merita di essere approfondito in fretta da chi di dovere.
È una priorità, perché prioritaria è la salute dei cittadini.
In caso contrario il rischio è che, oltre che di tumore, in Calabria si muoia di silenzi, di menzogne o di false verità.
Il mare è silenzioso, copre tutto e non rivela, come l’omertà degli uomini.
È bello il mare in Calabria.
La bellezza però è un po’ come il talento: un dono che va gestito, coltivato e protetto, se non si vuole che diventi ennesimo, imperdonabile rimpianto.
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