La lotta della sinistra mondiale passa da Cinquefrondi
Si è volato alto ieri sera al Frantoio delle Idee di Cinquefrondi dove si è tenuto un incontro pubblico di enorme rilevanza, quello con João Pedro Stedile, economista, co-fondatore, portavoce e membro della direzione nazionale del movimento brasiliano dei Sem Terra. Un movimento, composto prevalentemente da contadini, protagonista di tante straordinarie esperienze di occupazione e difesa della terra, sottratta alle privatizzazioni e alle speculazioni dei latifondisti. Un’affascinante e, forse unica, pratica di resistenza collettiva, giustizia sociale, autorganizzazione, autodeterminazione e sovranità territoriale che a luglio scorso è stata studiata da una delegazione italiana, ospite dei Sem Terra, negli stati di San Paolo e del Paranà.
João Pedro Stedile è arrivato a Cinquefrondi, accompagnato da Sos Rosarno, dopo essere stato ricevuto in Vaticano da Papa Francesco e dopo avere tenuto una lezione all’università di Napoli.
Al Frantoio Stedile, con parole estremamente semplici, ha parlato di argomenti complessi: “Dalla storia del Movimento operaio abbiamo imparato che la forza dello stato borghese sta nel denaro e nelle armi, nella repressione attraverso le leggi, l’esercito e la polizia. I lavoratori non hanno nè denaro nè leggi. La nostra forza risiede nel numero, nel collettivo che si riunisce intorno ad un obiettivo. Tutti i problemi possono essere risolti con la lotta di massa. Se in un comune c’è un problema non serve essere amici del sindaco, bisogna organizzare la popolazione perchè lotti”.
Stedile ha poi analizzato la situazione brasiliana: “La caduta di Dilma è un colpo di stato. L’obiettivo del governo golpista è favorire il progetto neoliberalista per accontentare gli Usa e le multinazionali. Di fronte alla crisi economica il capitalismo ha un solo modo per mantenere alti i livelli di profitto, sfruttare di più la classe lavoratrice. Stanno smantellando i diritti dei lavoratori e privatizzando le risorse naturali”. Non è mancata una citazione di Lenin: “Un popolo quando lotta impara in venti giorni quello che non ha imparato in venti anni”.
“La gente non si mobilita per delle idee – ha proseguito – ma per soddisfare dei bisogni. La chiesa prega da duemila anni in nome del vangelo, che pure è un ottimo programma rivoluzionario, ma non ha fatto nessuna rivoluzione. E’ possibile organizzare una mobilitazione di massa per affrontare un singolo problema ma per dare continuità alla lotta serve l’organizzazione dei lavoratori, che deve occuparsi della produzione, della formazione e del’organizzazione politica. Solo la conoscenza libera le persone”.
Si è parlato poi dell’internazionalizzazione delle lotte per contrastare il capitale globalizzato: “Dopo il fallimento dei Social Forum stiamo provando a mettere insieme i movimento popolari. In America da dieci anni lottiamo contro l’Alca. Anche in Africa stiamo costruendo un’alleanza tra i movimenti, abbiamo già fatto un incontro a inizio anno. Anche in Asia c’è un processo in corso. In Europa non ci sono interlocutori, siete atomizzati, non vi metterete d’accordo nemmeno all’inferno”.
Ma l’appuntamento da non perdere per globalizzare la resistenza è ad ottobre in Venezuela, per l’anniversario della morte del Che.
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