Chi predica bene a volte rischia di razzolare male. E’ probabilmente questo il caso del pastore-consigliere comunale reggino di Fratelli d’Italia Massimo Ripepi che, apprendiamo dagli organi di stampa, è stato raggiunto da un verbale di ammonimento da parte della Questura per il reato di stalking nei confronti di una donna della quale non sono state rese note le generalità “cagionandole un forte disagio psico-fisico ed un forte timore per la propria incolumità”.
Una circostanza assolutamente singolare soprattutto per un soggetto che non perde occasione per richiamarsi ai valori della cristianità, salvo poi dimostrare evidentemente il contrario nei suoi comportamenti quotidiani. Fatto ancora più grave se consideriamo che proprio Ripepi, insieme agli altri consiglieri comunali, è sottoscrittore dell’ordine del giorno che impegna il Comune a valorizzare azioni di contrasto alla violenza sulle donne, favorendo una nuova cultura sul contrasto alla violenza e alla discriminazione.
Triste dunque che il pastore Ripepi assuma comportamenti lontani anni luce da ciò che afferma pubblicamente, e sottoscrive, in Consiglio comunale. Una circostanza davvero poco edificante aggravata se possibile dalla risposta che Ripepi ha affidato al suo avvocato replicando a quanto pubblicato sulla stampa. Dalla nota firmata dal suo avvocato scopriamo infatti che Ripepi, “nella sua qualità di Pastore – recita testualmente la nota – è intervenuto a stigmatizzare alcuni comportamenti contrari all’etica ed ai principi cristiani […] limitandosi ad effettuare alcuni passaggi dottrinali cristiani nel corso delle proprie omelie tenute nella Chiesa Cristiana di Catona”.
Per quanto ne sappiamo la “qualità di Pastore” risulta assolutamente incompatibile con l’attività di consigliere comunale. L’articolo 60 comma 1 del decreto legislativo 267 del 2000 cita espressamente tra i casi di ineleggibilità alla carica di consigliere comunale anche “gli ecclesiastici ed i ministri di culto – citiamo anche qui testualmente – che hanno giurisdizione di anime e coloro che ne fanno ordinariamente le veci”. Circostanza giuridica per la quale, a quanto ci è dato sapere, il consigliere-pastore Ripepi è stato costretto a spogliarsi dei suoi abiti talari all’atto della candidatura al Consiglio comunale. Salvo poi contraddirsi, per stessa ammissione del suo avvocato, che afferma che il Ripepi continua ad effettuare “passaggi dottrinali cristiani nel corso delle proprie omelie”. Delle due l’una: Ripepi è pastore o Ripepi è consigliere comunale? Il pastore Ripepi mente ai suoi fedeli o il consigliere Ripepi mente ai suoi elettori?
Il suo partito, Fratelli d’Italia, che fa spesso del rispetto delle norme una sorta di mantra politico elettorale dovrebbe prendere atto di questa condizione ed agire di conseguenza. Cosi come riteniamo che il Consiglio comunale reggino dovrebbe assumere i provvedimenti conseguenti mettendo la parola fine sull’intollerabile ipocrisia che vede un presunto ministro di culto svestirsi saltuariamente dei suoi abiti di predicatore per indossare quelli del politico urlatore, salvo poi dimostrare la sua vera natura quando, insultando la povera vittima che lo ha denunciato per stalking, tradisce tanto i valori della cristianità quanto quelli della costituzione.
Partito Democratico, federazione provinciale di Reggio Calabria