“Il popolo delle cantine” di ilario ammendolia recensito da francesco tuccio
L’avevo comprato appena uscito nel 2004. Dopo averlo letto l’ho pure prestato perdendone la memoria. Ciò significa che i libri vanno gelosamente custoditi e chi li vuole se li deve comprare.
Due mesi fa, leggendo “Cent’anni di solitudine” del nobel Gabriel Garcìa Màrquez, mi è tornato alla mente “Il popolo delle cantine” di Ilario Ammendolia (Laruffa Editore). Il nesso tra l’una e l’altra opera sta nel racconto di due popoli e due mondi diversi accumunati dall’arretratezza e dall’indigenza delle condizioni di vita. L’ho cercato in lungo e in largo inutilmente, e quando avevo perso la speranza l’ho trovato nelle rimanenze dell’edicola vicino a casa mia, e rileggendolo l’ho trovato ancora più bello come apparso in una nuova luce, quella delle difficoltà attuali e di chi bussa alle porte delle nostre coste.
E’ vero che alcuni scrittori, anche grandi e famosi, non sarebbero divenuti tali se non avessero avuto un preciso luogo natio e una comunità dentro cui svilupparono le radici interpretandone le bellezze naturali, i costumi, le tradizioni, la cultura e la vita. Hanno saputo far diventare globale il locale, il particolare universale. Ma, altresì, è vero anche il contrario.
Un paese non può essere volatile, non è paese se vive tutto al presente e non lascia traccia di sé nel futuro, nei mutamenti del tempo. E ciò vale anche per il passato rispetto all’oggi. E’ questo lo sforzo compiuto dalla scrittura appassionata di Ammendolia attraverso 38 racconti simbolo, emblema di un’epoca e di una comunità trascorse ed ancora rintracciabili, ricordati come favole vere dalle generazioni che oggi vanno discendendo l’ultimo tratto della parabola della vita.
Potremmo dire che la vena è quella verista o dell’intellettuale di sinistra. Io ci vedo qualcosa di più fondante, che viene prima: l’umanesimo che per essere tale fa del suo punto di partenza, il cuore del suo valore ideale la condizione dei derelitti schiacciati dal potere e, finanche, dalle forze della natura. Qui risiede l’universalità di questi racconti: accadeva ieri, sta accadendo oggi e traccia un disegno di futuro incompiuto finchè l’ultimo della terra non avrà dignità e pace.
Pensare la ristampa ed una nuova divulgazione mi paiono utili in una realtà che accetta supinamente modelli culturali e atteggiamenti d’importazione.