Imputati di ‘ndrangheta non vogliono gli studenti in aula. Il giudice li fa restare
Fonte: www.repubblica.it
Al maxi-processo Aemilia un avvocato chiede che i ragazzi escano perché ci sono dei minorenni. La risposta: “E’ bene che i giovani assistano per la loro formazione alla legalità”
di GIUSEPPE BALDESSARRO
BOLOGNA – Quando li hanno visti entrare in aula, si sono guardati tra di loro. Si sono messi a borbottare, a fare facce strane. Vedere i ragazzi seduti tra il pubblico li ha fatti innervosire: “Andate a studiare invece di stare qui a perdere tempo”. E giù mugugni, giù battutte: “Sembra di stare all’asilo…”. La loro presenza non è gradita a un processo contro la ‘ndrangheta, e a sottolinearlo c’erano alcuni familiari degli imputati. Polemiche, prima più discrete, poi sempre più rumorose, finché il caso non è scoppiato. Così la presenza degli studenti delle scuole superiori di Argenta e Portomaggiore (in provincia di Ferrara), accompagnati nell’aula di giustizia di Reggio Emilia dall’associazione antimafia Libera, è diventata oggetto di contestazione, da discutere col codice alla mano.
A sollevare la questione pubblicamente è stato l’avvocato Luigi Comberiati, difensore di Pasquale Brescia, uno degli imputati più in vista del processo “Aemilia”. Comberiati rivolgendosi alla Corte ha iniziato a parlare di irregolarità nella presenza degli studenti minorenni. Ha citato l’articolo 471 del codice di procedura penale, secondo il quale, anche se le udienze sono pubbliche, per assistere ai processi bisogna essere maggiorenni, ed è andato all’attacco. Per Comberiati dovevano essere allontanati dall’aula come prevedono le regole.
Per questo il presidente del collegio Francesco Maria Caruso è stato costretto a chiudersi in camera di consiglio per valutare la richiesta del legale. Il giudice ha sentito l’insegnante, quindi ha deciso che, nonostante il principio espresso dal codice, è possibile derogare. Secondo Caruso, per gli studenti la partecipazione al processo è un “fondamentale ausilio alla formazione dei giovani alla legalità”, tantopiù per “l’interesse particolare riconosciuto al processo “Aemilia””.
In altri termini è bene che i ragazzi sappiano, è bene che si formino e che si informino.
Ed è bene che assistano direttamente. Come a dire: per una volta i panni sporchi la ‘ndrangheta non riuscirà a lavarseli in famiglia. Gli studenti guarderanno gli imputati negli occhi, conosceranno le accuse che vengono loro mosse e potranno farsi una loro idea. Di più, l’esperienza nell’aula bunker di Reggio sarà oggetto di discussione e approfondimento in classe, sarà vera e propria “formazione”.