Sprar? Accoglienza dei migranti? Ne abbiamo parlato con chi ci lavora
In questo particolare momento storico il fenomeno migratorio, quindi dell’accoglienza, sembra essere prevalente rispetto ad altri temi. Ad ogni ora del giorno il sistema informativo, nazionale ed internazionale, propone notizie che concernono questa tematica: barconi della speranza in arrivo, sbarchi, migranti morti durante la traversata, proteste per i documenti che non arrivano e questioni economiche legate all’accoglienza. Parlare molto di un tema non significa, però, che venga profondamente compreso, a maggior ragione se questo rappresenta un argomento che può essere facilmente strumentalizzato. Per provare a far luce sul delicato tema dell’accoglienza dei migranti, abbiamo posto alcune domande a Marta, operatrice nel progetto Sprar di Gioiosa Ionica.
1) In cosa consiste esattamente il tuo lavoro, cioè quali sono i compiti che ciascun operatore è chiamato a svolgere?
Gli operatori rivestono un ruolo fondamentale nel percorso di accoglienza e di integrazione di ogni singolo richiedente e titolare di protezione internazionale. Durante il periodo di accoglienza l’operatore orienta, accompagna e affianca il beneficiario per risolvere le questioni della quotidianità presso le strutture di cui necessita presenti sul territorio, non solo, l’intera equipe formata da operatori, mediatori, insegnanti, un’assistente sociale e una psicologa, è chiamata ad osservare e valutare il comportamento di ogni singolo ospite, per poter poi orientare e costruire dei percorsi individuali che portino lo stesso a e diventare autonomo. Inoltre, soprattutto nel primo periodo di permanenza del beneficiario, l’operatore rappresenta un “ponte” per la conoscenza del territorio e della comunità locale.
2) Partiamo dal principio di un percorso di accoglienza all’interno del sistema Sprar. Puoi raccontare che cosa accade non appena un richiedente asilo è inserito in uno di questi progetti?
Appena un richiedente viene inserito in un progetto Sprar, dopo aver firmato un contratto attraverso il quale il beneficiario si impegna a rispettare delle semplici regole di convivenza e di rispetto civico per la comunità che lo ospita, vengono spiegati concretamente quali sono i servizi di cui dispone, come la scuola d’italiano, l’assistenza sanitaria, sociale, l’orientamento e l’informazione legale, il servizio di alloggio e di formazione.
3) Una delle questioni che ha rappresentato motivo comune di tutte le manifestazioni di protesta che si sono svolte nei comuni aderenti al sistema Sprar è quella relativa ai documenti che dovrebbero essere rilasciati dallo Stato italiano ai beneficiari. Qual è l’iter burocratico seguito e quali i sono i tempi indicati dalla legge italiana?
Essenzialmente la domanda d’asilo è compresa fra quattro momenti. Il primo momento consiste nella presentazione della domanda d’asilo presso la Polizia di Frontiera o una Questura italiana; il secondo passo è il foto segnalamento e la compilazione del modello C3 (documento che permette la formalizzazione della domanda d’asilo ed è composto da una serie di domande riguardanti i dati personali del richiedente) presso la Polizia di Frontiera o la Questura italiana in cui si è inoltrata la domanda, anche se molto spesso viene delegata l’associazione ad occuparsene, causa grossa mole di lavoro in Questura. Terzo momento è l’audizione presso la Commissione Territoriale di competenza, organo preposto al riconoscimento o diniego della domanda d’asilo, infine vi è l’acquisizione della decisione della Commissione Territoriale. Ognuno di questi quattro momenti non è a se stante ma correlato agli altri dalla Questura che prende in carico la domanda d’asilo e che deve seguire il richiedente fino al momento della acquisizione della decisione. Cioè è la Questura che deve garantire sia il collegamento fra il richiedente e la Commissione Territoriale sia che il richiedente sia debitamente informato dei suoi diritti e dei suoi doveri, inoltre deve fissare le date e gli appuntamenti affinché il richiedente possa concludere con successo l’iter di domanda in Italia. I tempi di attesa sono davvero lunghissimi, è vero, sia a Gioiosa che in altri comuni. Questo sta creando un vero e proprio disagio, ma purtroppo il progetto non può dare risposte concrete, ripeto non siamo noi a rilasciare i documenti.
4) Altra questione molto spinosa e di grande interesse pubblico è quella sanitaria. Come sono inseriti i beneficiari all’interno del Sistema Sanitario Nazionale? Sono sottoposti a screening sanitario o a percorsi particolari? Come si procede nella gestione di questo aspetto nel quotidiano?
Si esattamente, una questione molto spinosa, ma vorrei tranquillizzare tutti. Noi operatori siamo tenuti a sottoporre ogni ospite ad uno screening sanitario ben preciso ed il beneficiario ha l’obbligo di sottoporsi a questo, nei primi giorni di accoglienza sbrighiamo le pratiche per assegnare l’STP , cioè una tessera personale che certifica l’essere uno straniero temporaneamente presente ancora privo del permesso di soggiorno, grazie al quale il beneficiario può usufruire di assistenza medica in tutte le strutture pubbliche e private accreditate del Servizio Sanitario Nazionale. Appena assegnato, ogni singolo ospite si sottopone a verifiche specifiche, come il test per l’HIV (immunometrico), i markers epatite b ed epatite c e il Mantoux test. Non tralasciamo neppure visite specialistiche di altro genere ogni volta che un ragazzo lamenta un qualsiasi tipo di malessere. Questo lavoro viene fatto appunto per tutelare tutti: la comunità che ospita, noi che ci lavoriamo e i ragazzi che dividono lo stesso tetto.
5) Un altro aspetto che sembra essere ancora poco chiaro e sul quale vorrei ci aiutassi a fare luce è la questione economica. Cosa prevede in questo senso il progetto Sprar?
La questione economica è quella su cui più abbiamo sentito fantasticare: 30-40-50 euro al giorno, smentisco categoricamente. Cerco di spiegare come funziona: ad ogni beneficiario vengono erogati ogni mese 200 euro dei quali 140 in ticket che possono essere spesi a Gioiosa e solo ed esclusivamente nei negozi convenzionati, mentre i restanti 60 euro vengono erogati in “real money”. Ci tengo a sottolineare che i negozi convenzionati, dove è quindi possibile spendere i ticket, sono solo su Gioiosa, questo vuol dire permettere il circolare di moneta solo all’interno della comunità che li ospita. I 60 euro, quelli che vengono erogati in “real money”, sono per le esigenze personali del ragazzo quali possono essere la ricarica della scheda telefonica, il pagarsi il biglietto per spostarsi, mandare qualcosa ai propri cari. Insomma, si cerca di restituire dignità e di responsabilizzare ognuno di loro. Ci tengo anche a specificare che non sono soldi che potrebbero essere destinati ad altra utenza, ma bensì fondi destinati ai richiedenti asilo, che arrivano solo per i beneficiari.
Quando comunico a Marta che la nostra intervista è finita, lei mi blocca “Vorrei solo aggiungere che noi ringraziamo tutti: quelli che ci appoggiano e anche quelli che ci criticano e che siamo dispiaciuti per i disagi che i ragazzi hanno creato, vogliamo tutti una pacifica convivenza”.
Ascoltando Marta ed entrando quotidianamente in contattato con questi ragazzi, con le loro storie e con tutte le loro problematiche, ci si può rendere conto di quanto sia complicato gestire e raccontare il fenomeno “accoglienza”. In esso convivono molti aspetti, diverse variabili, centinaia di norme, decine di trattati internazionali ed europei, che poi divengono legge anche per lo Stato italiano. Agli aspetti più tecnici, si affiancano poi quelli umani con tutte le contraddizioni che ne derivano e che si fondono fra loro con il rischio di creare non solo la paura del diverso, ma il mostro della “guerra fra poveri”, che obbliga ad osservare la realtà attraverso le lenti deformate dalla rabbia e della frustrazione per una crisi di cui, questo è assolutamente certo, non hanno colpa i migranti. L’assenza dell’immigrato non risolverebbe neppure la questione economica, lo ha spiegato bene l’operatrice Sprar, quel denaro è e rimane destinato all’accoglienza perché l’Italia ha scelto, decenni fa, di far parte di quella Comunità internazionale che, anche dell’accoglienza, si è fatta carico: in sostanza, non avremmo quei soldi se non ci fossero migranti a cui destinarli. Per vivere serenamente il fenomeno forse potrebbe essere utile provare a non cadere nella trappola di identificare un capro espiatorio che spieghi perché il mondo non è così perfetto come vorremmo. Forse eliminare “l’estraneo” davvero non è utile, magari sarebbe più costruttivo imparare a conoscerlo. Potrebbe essere anche un lavoro semplice se è vero ciò che ha scritto l’antropologo Pompeo in un suo testo: “siamo tutti autentici meticci”. Credo sia questa la miglior chiave di lettura per risolvere il “problema” dell’Altro: non solo l’Altro è Noi, ma l’Altro è in Noi, con tutte le conseguenze che questo comporta, quindi con i suoi pregi e difetti, la sua cattiveria o bontà, la sua ipocrisia o lealtà, la sua intelligenza o stupidità e tutta la gamma delle sfumature umane che esistono. Non nere o bianche, ma umane, appunto.