IL REFERENDUM DELL’ITALIETTA CHE NON PARTECIPA
Il quorum non è stato raggiunto. A vincere però non è stato tanto l’astensionismo, quanto il disinteresse, la superficialità e l’ignoranza (intesa proprio come mancata conoscenza della materia oggetto di voto).
Ammettiamolo: la maggior parte degli italiani non ha certo scelto di astenersi sulla base di una valutazione consapevole e critica in merito a piattaforme petrolifere e trivellazioni in mare.
No. La maggior parte degli italiani non si è neanche posta il problema di farsi un’opinione sull’argomento, strategicamente sminuito dal governo e pappagallescamente ritenuto poco importante dalla popolazione.
E allora, diciamocela la verità:
Ce li meritiamo i Presidenti del Consiglio non eletti, perché delegare è ciò che ci riesce meglio.
Ce lo meritiamo un Presidente del Consiglio che ci dica di non andare a votare.
Ce lo meritiamo, questo Paese marcio.
Perché un popolo che non partecipa, che non si esprime e che non sente l’impulso di dire la propria quando viene interpellato, merita di essere raggirato.
Se estendessimo il ragionamento sul referendum ad una più generale e complessiva analisi del modus vivendi italiano, capiremmo infatti che è proprio questa passiva e non curante accettazione dello status quo a concedere terreno fertile alla cattiva politica e al mancato rispetto delle regole.
La Calabria, tanto per non passare inosservata, è riuscita ad essere fanalino di coda anche in occasione del referendum: pochissimi sono stati i votanti.
Molti calabresi hanno evidentemente trovato più costruttivo restare al bar, magari ad azzardare paradossalmente conversazioni colme di luoghi comuni in merito alle cose che non vanno e che non cambiano, o ai politici che sono tutti uguali.
Perché nell’antica arte della lamentela da bar siamo bravissimi, statene certi.
Di cambiare le cose, però, in fondo non ne abbiamo voglia. Meglio una giornata al mare, o una ballata di tarantella.