Sanità in Calabria, Potere al popolo: “Occhiuto ha fallito, chieda scusa e se ne vada”
L’uomo dei proclami, a febbraio di quest’anno, dichiarava l’uscita imminente della sanità calabrese dal commissariamento, con la conseguente chiusura del piano di rientro in virtù del miglioramento dei Livelli Essenziali di Assistenza, della realizzazione dei nuovi ospedali, a dimostrazione, sosteneva, della capacità del governo regionale di tenere sotto controllo i conti.
Contemporaneamente, il 5 febbraio, inviava una comunicazione al Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio, con la quale chiedeva la nomina di un Commissario a causa di “alcune ineludibili esigenze per le quali risulta necessaria l’emanazione di disposizioni che disciplinino procedure acceleratorie volte a consentire la rapida costruzione dei nuovi nosocomi”.
Il 7 marzo, il Consiglio dei Ministri, amico del Presidente, lo accontenta dichiarando lo stato di emergenza per il sistema ospedaliero della Calabria. Un provvedimento straordinario, di durata annuale, identico a quello che viene adottato per le catastrofi naturali, ma che in questo caso è necessario per affrontare una crisi strutturale dell’assistenza sanitaria regionale. Sarà il capo della Protezione civile nazionale a individuare e nominare il commissario che avrà il compito di coordinare gli interventi di riqualificazione della rete ospedaliera e sbloccare i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Una ulteriore sottrazione di risorse finanziarie per i calabresi che dovranno pagare il nuovo commissario.
Chiaro deve essere che nella catastrofe del Servizio Sanitario calabrese non c’è nulla di naturale, vi è semplicemente e drammaticamente la responsabilità di un sistema politico, spesso clientelare, massonico e ‘ndranghetista che lo ha distrutto per i propri particolari interessi.
Tanto è vero che non ci troviamo difronte ad una novità. Infatti nel 2007, è stata emanata l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3635 del 21 dicembre 2007: “Disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare l’emergenza socio-economico-sanitaria nel territorio nella regione Calabria”, in quanto si era “ravvisata la necessità di procedere all’immediato avvio di interventi volti ad assicurare che il sistema sanitario-infrastrutturale della regione Calabria sia posto in grado di garantire e tutelare la salute pubblica e la sicurezza dei lavoratori del comparto sanitario”.
Quella fase si concluse dopo sei anni senza risultati concreti, tant’è che la situazione attuale è ancora più drammatica. Gli ospedali calabresi sono tra i più vecchi della penisola. L’ultima costruzione, il Mater Domini di Catanzaro, è di 18 anni fa, mentre molte strutture sono inadeguate e prive delle necessarie condizioni igienico-sanitarie. Strutture obsolescenti, con spazi spesso inadatti alle funzioni che ospitano, che si ripercuotono sulla qualità del servizio e sul fabbisogno di personale.
Il fallimento di quel protocollo del 2007, che rappresenta la prima dichiarazione dello stato di emergenza economico-sanitaria, sancirà il commissariamento nel 2010 della sanità pubblica a causa del mancato rispetto degli adempimenti del piano di rientro sanitario. Occorre ricordare che sempre in quell’anno, la morte in ospedale di tre minorenni, Federica Monteleone, Flavio Scutellà ed Eva Ruscio, riportò la necessità di avere strutture sanitarie adeguate al centro del dibattito pubblico.
Nell’Accordo sul Piano di rientro della Regione Calabria, perfezionato tra il Ministro della salute, quello dell’Economia e delle Finanze e il Presidente p.t. della Regione Calabria, in data 17 dicembre 2009 e poi recepito con DGR n. 97 del 12 febbraio 2010, al Commissario ad Acta, che oggi coincide con la figura del Presidente della Giunta Regionale Occhiuto, vengono affidati il “completamento ed attuazione del piano di riorganizzazione della rete ospedaliera, della rete di emergenza-urgenza e delle reti tempo dipendenti, in coerenza con il fabbisogno assistenziale, in attuazione del regolamento adottato con decreto del Ministero della salute del 2 aprile 2015 n. 70, ed in coerenza con le indicazioni dei Tavoli tecnici di verifica” e il “monitoraggio delle procedure per la realizzazione dei Nuovi Ospedali secondo quanto previsto dalla normativa vigente e dalla programmazione sanitaria regionale”.
Mentre il DCA n. 82 del 22/07/2022, affida “al Commissario ad acta della Regione Calabria (cioè al Presidente Occhiuto) le attività di regia, coordinamento e monitoraggio delle funzioni delegate alle Aziende del SSR in qualità di Soggetti Attuatori esterni”, per la realizzazione delle Case della Comunità, degli Ospedali di Comunità, degli interventi di fornitura e installazione di grandi apparecchiature, degli interventi di adeguamento/miglioramento sismico di presidi ospedalieri, ecc. per il complessivo importo di € 350.010.679,47.
Possiamo affermare, senza alcuna possibilità di essere smentiti, che al Presidente Occhiuto sono stati affidati dal governo poteri assoluti per il “governo” della sanità calabrese che non ha saputo o voluto esercitare. Ai poteri speciali attribuitigli, bisogna sommare la pletora di consulenti costosissimi e la creazione, voluta da Occhiuto, dell’“Azienda per il Governo della Sanità della Regione Calabria – Azienda Zero”, che assorbe risorse finanziarie del Fondo Sanitario Regionale, ma, alla luce del nuovo commissariamento non sembra che “governi” alcunché’.
Dal primo commissariamento della sanità calabrese, dal quale sono trascorsi ben 15 anni non vi è stato alcun miglioramento, anzi è avvenuto il contrario: il disastro del Servizio Sanitario Calabrese. Alle morti dei tre minorenni del 2010, ci sono stati altri morti, per ultimo ricordiamo quella il Serafino Congi, 48 anni, deceduto su un’ambulanza lo scorso 4 gennaio dopo aver passato ore nel Pronto soccorso di San Giovanni in Fiore. Quella di Serafino, come abbiamo sostenuto, è la storia di tanti/e vite spezzate a cui è stato negato il diritto alla salute. Serafino doveva essere trasferito nell’ospedale di Cosenza, questo racconta la stampa, ma in quel momento non sarebbe stato possibile sia perché non c’era una ambulanza medicalizzata disponibile, sia perché l’elisoccorso non poteva essere usato causa maltempo.
Per comprendere la drammaticità della condizione in cui versa il servizio sanitario in Italia e in Calabria citiamo sommariamente alcuni dati che danno ben chiara la situazione:
• la spesa sanitaria in Italia nel 2023 è risultata pari a 131.119 milioni di euro, con un tasso di decremento dello 0,4% rispetto al 2022”;
• nel 2023 sono solo la Calabria e l’Umbria a evidenziare valori negativi (-4,3% e -0,6%, rispettivamente). In Calabria si passa da 4.078,8 a 3.904,4 milioni di euro;
Il sotto-finanziamento reale del Servizio Sanitario Nazionale, la crescita delle diseguaglianze, la costante privatizzazione, l’esclusione di milioni di cittadini e cittadine dalle cure e in fin dei conti lo sconquasso della sanità pubblica, si aggrava con la legge finanziaria.
Rammentiamo, che la narrazione del governo Meloni sugli “stanziamenti record” nella legge di bilancio è un bluff, perché ci sono solo tagli del governo sulla sanità pubblica. L’incremento nominale degli stanziamenti (meno di 2,3 miliardi di euro) coprirà a malapena l’aumento della spesa per il personale (il rinnovo dei contratti di medici, infermieri e altro personale scaduti da anni). Ma quell’incremento non coprirà affatto l’aumento dei costi di gestione, dall’aumento dei costi energetici all’aumento dei prezzi dei farmaci e tanto meno l’incremento registrato negli ultimi anni nel mondo degli appalti, specie quelli edilizi e impiantistici.
Quello che conta non è la cifra nominale, ma la percentuale della ricchezza prodotta destinata alla salute e alla sanità, allo stato sociale in genere, invece che alle continue sovvenzioni alla grande industria privata, alle grandi opere nocive e all’industria delle armi. Ed allora vediamo questi conti con le loro grandezze reali: ● la spesa sanitaria sul PIL scende al 6,3%: prima della pandemia (2019) era al 6,4%. ● Nel 2022 era al 6,8%. La media OCSE è del 7%. ● Al sistema pubblico italiano mancano, rispetto alla media OCSE, quasi 900 euro per ogni abitante. Una cifra enorme.
La Calabria registra il dato più basso con 315,9 posti letto complessivi ogni 100mila abitanti, mentre per numero di posti letto nel privato la Calabria si situa al posto più alto in classifica.
Il tasso di mortalità infantile nel Mezzogiorno è il doppio rispetto al Nord. Infatti, è 1,8 decessi ogni 1.000 nati vivi in Toscana, mentre è più che doppio in Calabria (3,9).
Nel Mezzogiorno ci sono le peggiori condizioni di salute del Paese. La speranza di vita alla nascita per i cittadini meridionali era di 81,7 anni (79,5 per gli uomini e 83,9 per le donne), circa 1,3 anni in meno rispetto al Centro e Nord-Ovest, 1,5 nel confronto con il Nord-Est.
La mortalità per tumore è più elevata al Sud. Tanto per fare un esempio, le donne che in Calabria hanno ricevuto l’invito a partecipare al programma di screening mammografico è del 16% contro una media nazionale dell’89%. Proprio in Calabria è stata registrata l’incidenza più bassa di donne che hanno effettuato gratuitamente il controllo nell’ambito di un programma organizzato (11,8%).
Il caso calabrese è emblematico della debolezza della sanità al sud, caratterizzata da un minore intervento pubblico in sanità e inadeguati livelli di servizi di prevenzione e cura di qualità.
Hanno inciso pesantemente anche le cosiddette misure di risanamento finanziario dei Piani di rientro, che hanno consentito di “efficientare” la spesa sanitaria e recuperare i disavanzi ma a scapito di un peggioramento complessivo nell’offerta di assistenza territoriale e ospedaliera, con effetti negativi tangibili sulla popolazione come l’incremento della mortalità e l’intensificazione delle migrazioni sanitarie. La Calabria rappresenta un concreto esempio e il risultato del suo disastro è sotto gli occhi di tutti: ospedali e presidi territoriali smantellati. Più tasse per i calabresi con un incremento delle aliquote fiscali (Irap e Irpef), ma nessun servizio adeguato.
Il monitoraggio LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), che offre un quadro delle differenze nell’efficacia e qualità delle prestazioni fornite dai diversi Servizi Sanitari Regionali, fa emergere i drammatici risultati del Sud e della Calabria.
Le liste d’attesa hanno raggiunto tempi che impediscono tempestive possibilità di intervento sia in ambito emergenziale che di prevenzione.
Ai calabresi viene negato l’accesso alle cure, infatti i recenti dati sulla mobilità sanitaria, meglio conosciuta come “i viaggi della speranza”, ci consegna un esodo da Sud verso Nord, con la Calabria posta in cima alla lista (-294 mln). Per le patologie oncologiche, è la Calabria a registrare l’incidenza più elevata di migrazioni: il 43% dei pazienti si rivolge a strutture sanitarie di Regioni non confinanti.
Al Sud, i servizi di prevenzione e cura sono dunque più carenti, minore la spesa pubblica sanitaria, più lunghe le distanze da percorrere per ricevere assistenza.
L’autonomia differenziata in ambito sanitario aumenterà ulteriormente il divario tra le regioni del Nord e del Sud e il diritto alla salute non sarà più garantito allo stesso identico modo in tutte le regioni italiane.
Mentre tutti i dati sulla sanità pubblica italiana ci consegnano la sua distruzione a vantaggio di quella privata, la Calabria rimane sempre più relegata agli ultimi posti per qualità dell’offerta sanitaria a conferma, purtroppo, del disastro perpetrato a danno dei cittadini dalle politiche dei tagli operati da tutti i governi, di centrosinistra e di centrodestra. negli ultimi 30 anni, tanto da negare quel fondamentale diritto dell’individuo che è la tutela della salute. La nostra Costituzione, è bene ricordarlo, eleva questo diritto ad interesse generale della collettività al punto da garantire cure gratuite agli indigenti.
Mancano all’appello centinaia di medici di medicina generale, le guardie mediche scoperte sono innumerevoli.
Ma in questa regione, dove si muore a causa dello smantellamento del servizio sanitario, accade che Infermieri ed Oss che hanno salvato migliaia di vite umane, che hanno fatto da “ponte”, infaticabili, tra le famiglie e i loro cari ricoverati in ospedale, ci riferiamo agli operatori sanitari della pandemia Covid-19, vengano licenziati. Una decisione sprezzante, perché non tiene conto della dignità della persona e delle norme di legge che danno a questi lavoratori il diritto alla stabilizzazione.
Lo scorso mese di luglio Occhiuto strombazzava ai quattro venti assunzioni di personale nel Servizio Sanitario Regionale di 2.115 unità e più di 5.500 in 3 anni.
La sanità non è un bene di mercato, ma un diritto fondamentale. Non è più rinviabile la costruzione della mobilitazione per difenderla e rilanciarla. Costruiamola insieme.
Potere al Popolo Calabria