U guttazzu si scasciau

U guttazzu si scasciau

Di Cosimo Cavallaro

Non so quanti, tra coloro che avranno la voglia e la pazienza di leggere queste righe, se interrogandosi sul proprio futuro sei mesi addietro, avessero immaginato quanto stiamo vivendo, e sopportando, in questi giorni bui. Non lo so e, considerando la velocità con la quale gli eventi si propagano e si intrecciano tra loro, è inutile saperlo.

Da quando il “popolo” americano ha deciso di affidare il proprio destino a un vecchio magnate spacciato per “nuovo”, prevale la sgradevole e pericolosa sensazione che, improvvisamente, una diga si sia squarciata e tutto il liquame fognario in essa contenuto stia dilagando a valle inondando le nostre giornate con visioni apocalittiche.  Un presagio rischioso per la nostra psiche prigioniera di un benessere fittizio, assopita da ottant’anni di pace garantiti dalla vecchia Europa.

L’Europa… già! Questa anziana signora in grisaglie, immobile sul piedistallo della sua storia millenaria e ipnotizzata da un capitalismo vorace e feroce, incapace di associare i propri figli imbrigliati nei loro egoismi da bassa lega. È da ottant’anni, appunto, che si discute di Unione Europea ed ogni volta, ancora e soprattutto in questi ultimi anni, nei quali nazionalismi e sovranismi hanno occupato gli spazi lasciati vuoti dall’ignavia dei governanti, si parla di Europa come di un’entità “esterna”, come se ogni decisione scaturisse non dall’unanimità degli stati europei ma dagli “altri”, dimenticando o ignorando colpevolmente che l’Europa siamo noi.

Ora, alla luce di un nuovo “disordine” mondiale imposto, come in passato, dalla potenza delle armi e della tecnologia, questa nostra Europa, vaso di coccio tra vasi di ferro, rischia un bruttissimo risveglio. Ignorata dagli imperi storici, Stati Uniti e Russia, e dall’ormai consolidata Cina, naviga a vista, come personaggio in cerca d’autore, per costruire quell’identità che non ha saputo consolidare in tanti anni. Ed il popolo ucraino, che coraggiosamente ha versato il proprio sangue per difendere la sua e nostra libertà, opponendosi alla prepotenza imperiale russa, rischia di inabissarsi nel ruolo di vittima sacrificale in questa tragedia dell’orrore e del cinismo scritta da altri. Storia già vissuta nei secoli e che ci aiuta a capire qual è il peccato originale per noi umani: “non imparare mai a sufficienza dai nostri errori”.

Quello in cui abbiamo mosso i nostri passi in questi anni è un mondo malvagio e cinico.  In nome di un falso progresso, di democrazie demagogiche e di stupide frontiere segnate sulle carte geografiche con inchiostro insanguinato, abbiamo trasformato il valore della vita delle singole persone in gelide tabelle statistiche.

In compenso ci innamoriamo sempre più di gadget tecnologici come lo smartphone senza sapere cosa nasconde al suo interno, qual è la sua storia d’origine e quali meccanismi vengono mossi affinché possa materializzarsi un concentrato di tecnologia così potente nelle nostre mani. E mentre noi, sempre più intronati, ci trastulliamo con questi sofisticati gingilli, potenze economiche sconosciute ai non addetti ai lavori, studiano e inventano nuove tecnologie. Il mondo è disseminato di laboratori, non pubblicizzati, nei quali ingegneri, biologi, chimici e informatici sono profumatamente pagati per realizzare strumenti tecnologici sempre più sofisticati. Lo fanno per il benessere di noi cittadini? Non proprio. Da che mondo è mondo gli stimoli più significativi nel ricercare nuove invenzioni derivano dalla tendenza bellicistica insita nell’animo umano.

Il fine è sempre il medesimo: potenziare il potere e la supremazia sui propri simili. Riusciamo a ricordare qual è stato il primo oggetto realizzato grazie alla scoperta dell’energia nucleare?  Ebbene sì: è stata la bomba atomica. Da allora le spese per la ricerca in campo militare hanno registrato un aumento vertiginoso con ricadute positive nel campo “civile” distanziate di molti anni. Si dice che “i benefici della ricerca strategica vengono concessi all’uso civile quando sono ormai obsoleti per l’uso militare (vedi i computer e Internet)”. Ma quello che tutti noi dovremmo sapere è che, per costruire e alimentare gli strumenti tecnologici dedicati all’uso militare, occorre tanta energia e materie prime che, come ben si sa, non sono infinite. Ed ecco che, per produrre armi da guerra, inneschiamo quel meccanismo contorto che genera nuove guerre per accaparrarsi le materie prime necessarie alla produzione e al funzionamento delle stesse. Il ricatto degli Stati Uniti all’Ucraina per appropriarsi delle sue terre rare ne è un esempio neppure troppo velato.

Così come senza più veli si è manifestata l’alleanza tra potere politico e potere tecnologico soprattutto  negli Stati Uniti. Per anni le multinazionali della comunicazione ci hanno adulato con la loro tecnologia “semi gratuita” fino al punto che oggi non possiamo più farne a meno. Ci hanno imposto i loro softwares e, di conseguenza, il loro modo di pensare e i loro algoritmi che, studiando i nostri dati in rete, cercano di capire non tanto chi siamo ma a cosa potremmo servire. Inoltre, con la compiacenza del mondo intero, hanno colonizzato i cieli intasandoli con i loro satelliti artificiali indispensabili per il funzionamento di miliardi di apparati. Ma la tecnologia, si sa, non ha un’anima ma un unico obiettivo: migliorarsi costantemente. Ed è questo l’aspetto che confligge con la Democrazia in quanto, per perfezionarsi continuamente, l’innovazione necessita di libertà assoluta senza quei vincoli etici e/o burocratici che nutrono una democrazia matura attenta ai diritti di tutti, soprattutto dei più deboli e degli indifesi che, a ben guardare sono i principi sui quali si fonda l’Unione Europea. Purtroppo, da quando si è insediata la nuova amministrazione americana, abbiamo capito che l’abbraccio soffocante tra politica e tecnologia punta a smantellare i paradigmi di quella democrazia che ci ha dato ottanta anni di pace. Ed è in questo contesto che, sulla spinta liberista di una tecnologia sempre più protagonista e potente, dobbiamo resistere per difendere quei sani principi che danno qualità e speranza alle nostre società evolute.

È deprecabile constatare che per tanti anni l’Europa ha irrigidito la sua politica finanziaria sul debito pubblico col risultato di tagliare la spesa sociale ed oggi, per reagire alle minacce imperialistiche, vere o presunte, allenta i cordoni della borsa per acquistare o produrre nuove armi. Per la nostra generazione che si è battuta per la pace nel mondo e per ampliare i diritti dei più indifesi è triste e difficile ammetterlo ma, se per difendere la Democrazia l’Europa deve concentrarsi sulla sua difesa armata, ebbene, facciamolo senza ripensamenti e senza divisioni. La strada sarà tortuosa e alcune scelte indigeribili ma in questo lungo percorso i sognatori utopisti come Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi sapranno far valere le ragioni della Democrazia anche in questo contesto complicato e assurdo. Dobbiamo resistere senza indugi contro gli attacchi ormai palesi alla Democrazia senza mai scordare che, solo quando la società diventa gregge pretende l’animale capo!

Foto di Kyle Glenn su Unsplash

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