Il “32 dicembre” di Fumasoli e Dylan Dog – breve recensione senza spoiler dell’albo 460
Dylan Dog ha accompagnato la mia infanzia e adolescenza, è stato un punto di riferimento per molti anni con la forza delle sue debolezze ma soprattutto con la sua ironia. Poi l’ho perso di vista per diverso tempo salvo averlo ritrovato negli ultimi anni, cambiato ma mai troppo.
Samuel Stern è invece una scoperta recente ma il suo è un mondo interessante che mi ha conquistato.
Spesso tra le due testate si sono fatti dei paragoni, sono entrambi fumetti italiani ed entrambi horror ma le similitudini finiscono qui. Samuel Stern è un prodotto assolutamente originale che ha, a differenza di Dyd, una continuity che permette di farlo agire in un mondo che cambia. E questo è molto apprezzato dai lettori.
Ero quindi molto curioso di leggere l’albo 460 di Dyd, che vede all’opera come sceneggiatore il padre di Samuel, Gianmarco Fumasoli e ho potuto farlo in anteprima (si troverà nelle edicole a cavallo del nuovo anno, anche se tutti gli amanti dell’orrore sanno quali rischi si corrano tra la fine e l’inizio di un nuovo anno, non sia mai che dopo il 31 arrivi un 32 dicembre) grazie a Sergio Bonelli Editore e al suo ufficio stampa.
Non entrerò nel merito della storia per non spoilerare e non rovinare a nessuno la lettura ma posso dirvi con l’entusiasmo di un amante di The Walkind Dead che ci sono gli zombie, che c’è un’isola deserta con le spiagge che sembrano quelle che vedo dalle finestre di casa mia, che c’è un diario e un mistero e che ci sono la vita e la morte, che hanno senso solo insieme perchè senza l’una non esisterebbe l’altra.
Al soggetto ha lavorato anche Claudio Lanzoni e ai disegni c’è il buon lavoro di Francesco Dossena.
Le atmosfere del fumetto sono quelle classiche di Dylan, un luogo sperduto e isolato in cui accadono eventi inspiegabili, un pò di filosofia e un orrore che non spaventa ma solleva malinconie. Uno dei personaggi è Bianca e Fumasoli le ha attribuito lo stesso nome dato alla figlia, per aggiungere un tocco di poesia.
In definitiva direi che per Fumasoli su Dylan Dog è “buona la prima”.
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