A Caulonia non c’è posto per i vigliacchi
Forse l’aver vissuto la maggior parte della vita lontano dalla mia Caulonia ha originato in me una visione eccessivamente romantica del mio paese natale o, forse, col trascorrere degli anni gli eventi del passato, belli o brutti, interessanti o banali, acquistano intensità fortificati, come sono, dalla malinconia dei tempi che furono.
Qualunque sia la risposta un fatto è certo: il ricordo che fino a qualche tempo addietro conservavo dei miei concittadini era talmente positivo da rasentare l’adulazione. “Gente tosta i calabresi”, pensavo ogni qualvolta mi accingevo a commentare un fatto di cronaca, con i miei amici del Nord, paragonandolo alle mie esperienze cauloniesi. “Gente laboriosa che non si lascia crescere l’erba sotto i piedi e che non si nasconde dietro un paravento nell’esternare il proprio pensiero. Pane al pane e vino al vino, anche a costo del rischio”. Lavoratrici e lavoratori industriosi, al limite del sacrificio. Sempre pronti, in ogni giorno concesso dal Padreterno, a coltivare una terra spesso ingrata, a combattere contro i capricci del tempo, a condividere con i vicini il bene e il male, la gioia e il lutto. Una vita di stenti, vissuta con dignità, alla luce del sole, senza sottintesi o furberie maliziose. Tutto questo ho pensato per anni fin quando, anche a Caulonia, non è arrivato il cosiddetto “progresso” portando con sé l’illusione del benessere a basso costo, accompagnata dalla solitudine e dallo smarrimento, anche nelle classi sociali più fragili e impreparate ad accogliere le innovazioni tecnologiche più sconvolgenti.
È ovvio che questo non significa che Caulonia fosse un’oasi felice e incontaminata. Probabilmente non lo è mai stata ma, nella sua moderata resilienza, conservava abbondanza di anticorpi per contrastare uno dei fenomeni più detestabili delle società modernizzate: la vigliaccheria. Agire nell’ombra, possibilmente in branco, supportati dall’omertà e dall’indifferenza e sfogando la propria collera su vittime spesso indifese o inconsapevoli, è un comportamento da vigliacchi. È un vigliacco colui che appicca incendi catastrofici infischiandosene dei rischi per le vite umane, per il clima e per il suo stesso territorio; così come è un vigliacco chi abbandona le proprie immondizie, pericolose o no, nell’oscurità dei boschi o su strade pubbliche frequentate da persone fragili come i bambini o gli anziani. Ma sono ancor più vigliacchi coloro che si riuniscono in branco, incoraggiandosi a vicenda, per commettere crimini più o meno odiosi a danno di cittadini inermi o per sfasciare manufatti pubblici e privati. Eventi già visti nel nostro Paese, particolarmente nel Ventennio tra i più tragici della nostra storia moderna e sul quale sono tutti pronti a giurare che non si ripeterà mai più.
In questi giorni ho letto su Ciavula che l’auto del direttore è stata vandalizzata per ben due volte nell’arco di un mese. Atti ignobili, indegni di una società eticamente sana e difficili da comprendere e da accettare. Ma, al contempo, per non annegare nel disinteresse, non possiamo evitare di chiederci se si tratta di messaggi subliminali, di persuasione occulta, o di casuali (e costosi per la vittima) atti di vigliaccheria stupida e becera. Comunque la si pensi dobbiamo convincerci che, di fronte ad eventi così gravi, poiché i vigliacchi si nutrono essenzialmente di indifferenza, è oltremodo importante solidarizzare con le loro vittime. E, se abbiamo a cuore il destino della nostra comunità, è indispensabile che noi cittadini e le Autorità, civili e morali, alle quali è affidata l’immagine pubblica, vigiliamo costantemente affinché prevalgano il “senso civico” e la coesione sociale. Non ci deve essere posto per i vigliacchi! Neppure a Caulonia.
Cosimo Cavallaro