Il direttore del Parco Nazionale d’Aspromonte replica alle accuse del gruppo Adorno
Dopo il terzo tentativo da parte del “Gruppo Adorno” di diffondere notizie false a mezzo stampa si è costretti a intervenire per chiarire i termini della portata degli atti disposti dall’Ente Parco Nazionale Aspromonte, quando un semplice incontro avrebbe potuto risolvere ogni “controversia”, specie tra organismi che, pur con differenti ordinamenti, hanno a cuore l’ambiente e la preservazione della natura.
Il tema, pur con qualche diversivo, è quello non già della “lotta al cinghiale”, pregevolissima espressione della fauna selvatica, quanto quello del “contenimento della pesta suina”.
Con riserva di querela, il Parco avrebbe adottato in materia, secondo il citato “Gruppo”, “sconcertanti e demagogiche decisioni” e adottato deliberazioni “illegittime”, tanto da investire, riteniamo inappropriatamente, anche il signor Prefetto, che immaginiamo sia già fortemente impegnato a tutela dei valori pubblici.
Gli atti in questione sono in realtà rigorosamente coerenti con la normativa europea, nazionale e regionale, ma anche altrettanto rigorosamente in linea con le iniziative adottate da tutti i Parchi nazionali.
Non solo, ma costituiscono atti dovuti perché disposti in un contesto potenzialmente grave di emergenza sanitaria e, come tali, disposti in doverosa applicazione di decretazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di Ordinanze del Ministero della salute, di deliberazioni del Commissario Regionale per la tutela della salute, nonché di Piani operativi adottati dalla stessa Regione Calabria, doverosamente intervenuta in materia, sulla base di studi, censimenti e monitoraggi, così tanto acclamati dal “Gruppo Adorno”.
Nell’invitare i lettori ad attingere direttamente alle fonti giuridiche emanate in materia, citiamo per tutte: “il Piano nazionale di sorveglianza e eradicazione della peste suina africana per l’anno 2023, adottato dal Governo Italiano, previe intese con la Comunità Europea, e già operativo; le circolari applicative del Ministero della Salute (ben quattro a decorrere dal 25 luglio 2022); gli Accordi in sede di Conferenza Stato-Regioni, l’Ordinanza 28 giugno 2022 del Ministero della Salute-Commissario straordinario alla peste suina africana, che reca indicazioni per l’attuazione delle misure di controllo ed eradicazione del fenomeno a livello nazionale; la Delibera del Commissario ad acta per il piano di rientro sanitario della Regione Calabria n. 109 del 30 agosto 2022; il conseguente “Piano regionale di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l’eradicazione della peste suina africana nei suini da allevamento e nella specie cinghiale nel territorio della regione Calabria”, per esplicita menzione destinato anche alle aree protette.
Nel detto Piano, a scanso di equivoci, si legge: “Il numero di capi che si stima di dover prelevare è stato calcolato in base ai dati forniti dagli Ambiti Territoriali di Caccia e dai Parchi opportunamente elaborati, …, in base anche alla superficie agro-silvo-pastorale regionale… Pertanto, l’ammontare dei capi da prelevare con l’obiettivo di ridurre le presenze di questo suide nelle aree critiche a elevato rischio ammonta a circa 82.000 unità. L’Ufficio “Patrimonio faunistico” del Dipartimento Agricoltura, Risorse Agroalimentari e Forestazione ha individuato, sull’intero territorio regionale, le aree più sensibili all’impatto causato dal cinghiale provvedendo alla costruzione della cartografia delle aree di rischio… (ivi comprese) le Aree Protette.”.
Tra le tecniche di prelievo: “il tiro selettivo, anche notturno ai sensi dell’art. 11-quaterdecies, c.5, della Legge 248/2005 … con carabine e ottiche di puntamento”, e metodi c.d. “ecologici”, che l’Ente Parco Nazionale Aspromonte ha scelto in via preferenziale, quali nella fattispecie “la cattura con gabbie/chiusini o recinti di cattura”. Un’azione, dunque, quella regionale, doverosamente finalizzata “alla drastica riduzione numerica della popolazione del cinghiale, in un’ottica di prevenzione di diffusione della PSA.”
Che dire, poi, a questo punto, dell’“ingente somma di denaro per l’acquisto di gabbie trappola per la cattura dei cinghiali” denunciata dal “Gruppo Adorno” e che ammonta – si invita tutti ad aprire la sezione trasparenza del sito del Parco Nazionale Aspromonte – ad appena 18.000,00 euro lorde, per di più, nell’intento di garantire in via preferenziale metodi di cattura all’insegna del benessere animale.
Nessun Far West, dunque, e nessuna tensione nel Parco Nazionale dell’Aspromonte.
Giuseppe Putortì – Direttore del Parco Nazionale Aspromonte