Aiello: “Il calcio, uno sport che ormai nasconde vergogne, razzismo e rigurgiti del ventennio”
di Pasquale Aiello
Il calcio non è solo un gioco, ma un sentimento forte” dice Darwin Pastorin nel libro Lettera a un giovane calciatore. Presumibilmente il calcio moderno, tutto potenza, denari e rapidità, è molto diverso dalla visione romantica che il grande scrittore narra nel suo volume. Egli è convinto che “il calcio è una poesia non scritta ma praticata con un pallone tra i piedi”, E’ “inseguire un sogno, inseguendo un pallone”. Uno degli sport più belli che ha infiammato gli animi delle generazioni passate, che ha partorito campioni-poeti del calibro di Maradona e Pelè e che ha entusiasmato le telecronache dei vari Martellini e Ciotti, che ha riscattato l’immagine di nazioni intere, come i paesi dell’America latina Brasile e Argentina su tutte, è stato ridotto a un vergognoso business. Purtroppo, di belle poesie, è
vero, nel calcio di oggi non se ne vedono molte. Chi ha praticato calcio a livello agonistico fin dalle giovanili, sa che era prima di tutto una scuola di vita. Si imparava sicuramente a prendere consapevolezza della competizione, apprezzare i gesti tecnici dei calciatori in campo e i capolavori tattici di bravi allenatori, ma si tendeva anche, col tempo, a
sviluppare una coscienza critica e pure solidale, si imparavano i valori dell’esistenza stessa e il rispetto dell’avversario, per cui uno sport così carico di elementi simbolici e impastato con la cultura popolare rappresentava un passaporto e una lingua comprensibile a tutti in grado di abbattere barriere e parlare al cuore delle genti.
Oggi è ripugnante tutto ciò che gira intorno a un calcio muscolare, veloce e a tratti violento. Il teatrino poi, di questo campionato mondiale 2022, il più chiacchierato della storia per avere messo in mostra tutta la corruzione possibile affinché la FIFA lo assegnasse al Qatar nel lontano 2010, in tanti articoli di giornale si parla di compravendite di aerei da caccia francesi, in altri di forniture di energia, in particolare di gas. Così come gridano giustizia i circa 6mila morti sul lavoro per la costruzione degli stadi e dei servizi, i diritti negati e quant’altro. L’universo calcio, ormai, è diventato solo un enorme giro vorticoso di soldi, per quanto riguarda gli assetti societari ossia la parte capitalista. Ostentazione e esibizione, invece, di una superiorità estemporanea e quasi aggressiva, quella di una tifoseria all’indirizzo dei loro simili. I capricci, le stravaganze e le stramberie di tanti
giocatori accecati e rincoglioniti dai soldi, non sono certo una testimonianza modello, anche se non intaccano in alcun modo, al contrario, la grande solidarietà e generosità espressa da tanti altri loro colleghi. Tante tifoserie frequentano lo stadio con animo esagitato, trasformandolo in una arena in cui trova posto il peggior razzismo e i più cattivi istinti, l’esaltazione nazifascista e la criminalità. Tifosi coinvolti in una spirale di becero fanatismo, che molto frequentemente cadono preda di facili deliri, e a cui sicuramente null’altro interessa se non rimarcare la supremazia territoriale e identitaria rispetto all’avversario. Magari sono vittime, loro stessi, di leggi contro i lavoratori, o contro i diritti delle persone, ma sono pronti a scatenare guerriglie urbane per un pallone che rotola e che dovrebbe, al contrario, produrre solo gioia e allegria. Senza parlare delle infiltrazioni
mafiose all’interno di tante società professionistiche che con le loro malefatte hanno infarcito le testate giornalistiche nazionali. Mentre i diretti protagonisti, i giocatori, in larga parte, ancora oggi come ieri dovrebbero comprendere che nel bene e nel male, per le nuove gioventù sono un esempio nello sport e nella vita così come lo sono stati quelli del passato per tanti di un’altra generazione.
Uno sport, il calcio, che era una grande passione, tra letteratura, arte, e riscatto sociale, offuscato ormai da un marketing spietato che ha seppellito la poesia del dribbling, da una intolleranza e un fanatismo che alimentano discriminazione e prepotenza, da un lusso che mette in scena personaggi misteriosi e viscidi, e che nasconde vergogne, razzismo e rigurgiti del ventennio, da una corruzione e un ammorbamento in nome e per conto di uno sport che fu bello e affascinante ma che è stato denigrato e demolito dalla nociva e malsana pecunia.