Pasquale Aiello: “Assurdo che Mimmo Lucano debba restituire soldi di cui non si è appropriato”
di Pasquale Aiello
La sentenza di colpevolezza emessa in primo grado dal tribunale di Locri il 30 settembre 2001 nei confronti di Mimmo Lucano, nel processo a suo carico denominato ‘Xenia’ per una serie di reati, presumibilmente commessi da sindaco contro la PA, era stata ritenuta insolita e singolare da tutto il mondo associazionistico e solidaristico e buona parte di quello politico, per una pena, 13 anni e 2 mesi di reclusione, che neanche al più spietato dei mafiosi! Mercoledì scorso 25 maggio 2022, a Reggio Calabria, contro Mimì, difeso dall’avv. Daqua e dall’avv. Pisapia che nel ricorso hanno contestato una ‘lettura forzata dei fatti’, è cominciato il processo d’appello.
…Tuttavia “il modello Riace”, principale indiziato, che era stato costruito sulla solidarietà, l’accoglienza e l’integrazione dei migranti applaudito e ammirato da tutti i popoli della terra, stava funzionando. Tutto il mondo, perché tutto il mondo conosce ormai Mimì detto il Kurdo, si è trovato di fronte ad un verdetto crudele, soprattutto perché lasciava un retrogusto politico il cui unico scopo era quello di fare naufragare quell’idea di accoglienza innovativa, ma destabilizzante per il sistema.
Tanti giuristi e esperti di diritto, anche affermati, hanno dichiarato di non essersi mai imbattuti in casi simili nella propria carriera. Il fatto, poi, di dover restituire una somma smisurata di denaro senza essersi appropriato di un solo centesimo, così risulta dalle indagini, rende la vicenda più unica che rara.
In Italia, purtroppo, si è alla bizzarria pura. Perché di questo si tratta, se si può condannare così facilmente e così brutalmente un sindaco per avere speso soldi pubblici, anche ‘impropriamente’, ma allo scopo di salvare vite umane che altrimenti sarebbero morte, mentre con tutti gli ossequi, si lasciano liberi tanti politici e dirigenti corrotti con puzza di mafia che i soldi pubblici li elargiscono agli istituti di credito e alle industrie delle armi per fare guerre e spargere distruzione, sottraendoli alla sanità, all’istruzione e alla ricerca.
Dopo lo spietato verdetto di primo grado, sono stati organizzati diversi raduni in tutta Italia per esprimere solidarietà e intensificare ancora la lotta che le masse, storicamente, conducono contro le ingiustizie e tutti gli autoritarismi. Ora a distanza di otto mesi, durante i quali a Riace l’attivismo sociale a favore delle grandi tematiche è continuato, affinché tutto ciò che ha rappresentato la più grandiosa delle opere pubbliche che è l’accoglienza non venga disperso, la speranza, parafrasando Brecht, è che a Berlino ci sia davvero un giudice.