Marzano e Ruju “resuscitano” Dylan Dog
Da adolescente ho adorato Dylan Dog. Non so quantificare l’influenza che ha avuto nella mia formazione ma so per certo che ne ha avuto tanta.
Poi, nel corso degli anni, l’entusiasmo iniziale ha lasciato spazio alla noia.
Alla fine, nonostante la splendida ironia e i quesiti esistenziali che poneva, spesso il tutto si riduceva alla solita storia: qualcuno suona alla porta di Dylan e gli espone un caso assurdo mentre Groucho lancia battute; Dylan cerca di smontare ogni racconto paranormale provando a trovare una soluzione razionale e rifiuta il caso salvo poi accettarlo, a volte gratis; nel mezzo dell’albo c’è sempre una donna (il più delle volte la cliente, ma non necessariamente) con la quale finisce a letto e andando avanti in questo modo tutto procede in maniera piuttosto prevedibile fino alla fine.
Ma finalmente, dopo tanto tempo, ho letto una storia di Dyd che mi è davvero piaciuta. Gli elementi caratteristici sono sempre gli stessi però stavolta l’ambientazione non è Londra ma l’isola di Chreag, uno scoglio nell’arcipelago delle Shetland dove resiste l’ultimo faro non automatizzato della marina mercantile britannica.
Sarà l’ambientazione, una roccia isolata da tutto, spazzata dal vento e battuta da forti correnti marine, così piccola in mezzo alla furia degli elementi (praticamente il posto dei miei sogni, non scherzo) o la bravura di Giancarlo Marzano ai testi o il tratto degli storici disegnatori di Dylan Dog Montanari & Grassani ma “Il faro” me lo sono proprio goduto.
Pur collocata all’interno del Dylan Dog Magazine n.8, un format assolutamente datato e privo di senso nell’epoca di internet (almeno nelle modalità attuali) tantè che, per esempio, il magazine di Dragonero è stato giustamente soppresso, “Il faro” si distingue come una storia coinvolgente.
Mi capita spesso ormai di leggere per inerzia gli albi di Dylan, quasi desiderando che arrivi in fretta la fine per interrompere l’agonia, ma in questo caso nessuna fatica, quanto piuttosto la curiosità di scoprire come evolve la narrazione, cosa riserva la pagina successiva.
Nel magazine è presente una seconda indagine dell’indagatore dell’incubo, più breve ma comunque coinvolgente, intitolata “Come in uno specchio deformante”. Non a caso è scritta dal bravo Pasquale Ruju e disegnata divinamente da Vito Rallo.
Merita una menzione anche la bella copertina di Bruno Brindisi.
Il Magazine n.8, in edicola da domani, è la dimostrazione che quando Dylan Dog non cede allo splatter (il rifugio di chi ha finito le idee) può ancora regalare emozioni.