Unione dei Comuni: versione minima o novità politica?
La lettera di Totò Longo (Sindaco di Mammola) indirizzata a Sisì Napoli (Assessore di Marina di Gioiosa Jonica con delega all’Unione dei Comuni) è – a nostro modo di vedere – un documento assolutamente prezioso (leggi QUI). Lo è nello stile schietto e assai perentorio con il quale viene proposto, lo è anche nei contenuti chiaramente esposti.
Tutto nasce da un post su facebook di Sisì Napoli successivo alla manifestazione pro-ospedale di sabato scorso, post che noi abbiamo puntualmente ripreso e commentato (leggi QUI).
E’ evidente che qualcosa, nel percorso così articolato e così carico di futuro dell’Unione dei Comuni della Valle del Torbido, si è inceppato anche prima della divisione registrata subito dopo la manifestazione locrese: nei mesi successivi alla prima riunione dell’Assemblea dell’Unione, il nuovo organismo rappresentativo dell’intera Valle del Torbido ha smarrito protagonismo e certezza d’obiettivi, rimanendo incagliato nelle pur prevedibili difficoltà operative e nelle meno auspicate divisioni interne.
Questo è un fatto, da registrare e sul quale provare ad indagare politicamente e mediaticamente.
Longo, nella sua lettera a Sisì Napoli, dice alcune cose che appaiono di una “pesantezza” assoluta. Vogliamo porre l’accento su almeno due questioni.
La prima: il senso di diffidenza e di scarsa solidarietà reciproca che sembra caratterizzare i rapporti fra i soci fondatori dell’Unione. Con un giudizio indiretto (poco lusinghiero) che Longo sembra rivolgere anche ai suoi colleghi: “Non ho inteso unirmi al coro di chi o per dovere di appartenenza o per squallido opportunismo ha elevato il biasimo nei confronti del Sindaco di Locri Giovanni Calabrese“; “Non è mia abitudine prostrarmi ai piedi del potere di turno di qualsiasi superiore istanza istituzionale per ingraziarmi per il mio Comune attenzioni o agevolazioni che non provenissero da quelli che sono i normali canali legislativi; “Anche se l’Unione, dobbiamo ammetterlo, sino ad oggi è stata vista come cornice dentro cui esaltare l’individualismo“.
Le affermazioni di Longo sono un messaggio implicito ma comunque molto chiaro: buona parte dei sindaci hanno firmato contro le intemperanze di Calabrese e a favore della Roccisano soltanto perchè costretti dalla propria appartenenza partitica o perchè attratti dall’opportunità di “farsi belli” agli occhi del potente regionale di turno. Più prosaicamente: i sindaci dell’Unione – “cornice dentro cui esaltare l’individualismo” – che hanno firmato documenti vari (tutti tranne il Primo Cittadino di Mammola) si sono uniti al coro perchè non pienamente autonomi e perchè spaventati dal rischio di non avere più facile accesso agli uffici regionali che contano.
La seconda questione, ancora più gravida di conseguenze politiche, riguarda l’essenza dell’Unione: semplice consorzio di funzioni e servizi, nella sua versione minima? Oppure nuova entità politico-amministrativa capace di parlare con una sola voce – forte e condivisa – e di usare efficacemente la propria consistenza demografica e territoriale?
Longo, primo Presidente dell’Unione dei Comuni della Valle del Torbido, non sembra avere dubbi nello schierarsi a favore della versione minima, direi quasi essenziale: “Un’Unione di Comuni è costituita per l’esercizio associato di funzioni e servizi e non per una fusione d’identità o di cervelli, pur non eccelsi. Fuori da questo ambito ogni amministrazione è garantita nella propria autonomia; “Il consiglio: conoscendoti provenire da buona famiglia, mi preme ricordarti che è cosa buona e corretta fermarsi davanti all’uscio di casa di un amico e bussare con educazione. Entrare a gamba tesa nel campo altrui è un gioco censurabile”.
Siamo al punto, quello decisivo e dirimente. L’Unione è una vera entità politica (grande novità nel panorama calabrese) o è solo un espediente amministrativo (come ve ne possono essere tanti altri) per ridurre i costi dei servizi comunali? Vi è o no un denominatore comune sul piano politico-culturale che garantisca solidità e prospettiva all’Unione? E’ ipotizzabile che l’Unione possa andare avanti con efficacia se i Sindaci (e, di riflesso, le comunità che essi rappresentano) rivelano una scarsa solidarietà di gruppo?
Noi ci siamo già ampiamente schierati, per ultimo nell’editoriale di qualche giorno fa (leggi QUI) del quale riportiamo le seguenti riflessioni (molto eloquenti e perentorie): “In una parola, l’Unione non può esistere e non può svilupparsi se si limita ad essere uno strumento di ingegneria amministrativa o se rimane una questione da negoziare pezzo a pezzo in uno dei sei uffici dei sindaci, senza che vi sia un’anima politico-culturale che la sostanzi. Fino a quando l’Unione dei Comuni della Valle del Torbido non sarà in grado di pensarsi e di agire come un unico grande soggetto politico-amministrativo, non potrà che “vivacchiare” sballottata a destra e manca dalle esigenze spicciole dei singoli sindaci o dei singoli comuni”.
Qui, serve lo scatto in avanti, la “mossa del cavallo” che spariglia una situazione di stallo e che “immagina” il futuro prima ancora che lo stesso possa manifestarsi. Lo diciamo a Totò Longo, innanzitutto; ma lo diciamo anche a tutti gli altri Sindaci dell’Unione.
Lo strumento principe non può che essere quello della democrazia e della partecipazione: serve individuare un percorso minimo di condivisione popolare, l’Unione deve uscire dal palazzo e immergersi nella società. I sindaci non possono pensare di fare da soli, devono avere la generosità e la lungimiranza di cedere parte della propria sovranità.
Immaginiamo una grande assemblea cittadina, in ognuno dei sei comuni, nella quale spiegare con assoluta chiarezza contorni e prospettive dell’Unione, a partire dai servizi che si intende mettere insieme. Immaginiamo anche strumenti di consultazione diretta della popolazione quale suggello di una vera discussione collettiva e di merito. Nella convinzione che le nostre comunità sapranno essere più avanti dei singoli municipalismi che resistono tenacemente e che bloccano lo sviluppo di un grande ed innovativo progetto politico-amministrativo.
P.S.: La lettera di Longo contiene anche delle critiche di natura politica verso le scelte in materia sanitaria e verso l’attinente ruolo della Regione Calabria e del Partito Democratico, critiche legittime che ci sentiamo anche di condividere in larga parte. Perciò stesso consideriamo contraddittorie in sè le riflessioni di Longo: solo un’Unione dei Comuni in grado di parlare unitariamente per oltre 20 mila abitanti (e, quindi, di incidere politicamente nella costituenda Città Metropolitana dominata da Reggio Calabria), può divenire lo strumento per marcare autonomia analitica e operativa, a tutto vantaggio del territorio.