Non si possono capire le migrazioni senza conoscere il colonialismo
L’Occidente europeo non ricorda, non vuole o non può ricordare cosa è stato il colonialismo.
Altrimenti vivrebbe almeno un senso di colpa, se non di solidarietà, con quei popoli che oggi attraversano il mare per venire qui da noi.
Gli occidentali sono soliti dare giudizi sbrigativi e liquidatori.
E come in ogni retaggio coloniale sono i colonizzati stessi a essere considerati colpevoli del sottosviluppo, incapaci di sbrigarsela da soli, a casa loro.
Come se centinaia d’anni di schiavitù, violento sfruttamento e deportazione potessero scomparire in qualche decennio senza lasciare traccia.
Ecco la rimozione del tempo, se parliamo di cosa siamo stati sessant’anni fa c’è sempre chi obietta che si tratta di un passato lontano.
E chi ne parla non vive nel presente.
Ma banalmente c’è chi oggi potrebbe averne sessantadue, di anni, e essere nato in quella enorme gabbia che ha impoverito e schiacciato ogni lontana idea di progresso, in quelle terre lontane dove pretendiamo che restino confinati, senza mai aiutarli sul serio, se non a parole.
Un popolo senza memoria è destinato a morire. E la memoria storica non può essere selettiva, ma ricordare tutto.
Proprio tutto.
- Foto: Congo “belga”, anni ‘50.
Michele Piras