Lite fra migranti: la nota del Sindaco Fuda
Riceviamo e pubblichiamo
SUGLI ACCADIMENTI CHE HANNO COINVOLTO BENEFICIARI SPRAR MERCOLEDÌ 16 SETTEMBRE SCORSO A GIOIOSA IONICA
Quando dentro l’Europa si costruiscono nuovamente muri per respingere migranti, donne e bambini in fuga da guerra e fame; quando la mancanza di azioni politiche mirate alla cooperazione e allo sviluppo delle aree povere del mondo da parte della comunità internazionale genera conflitti e flussi migratori epocali; quando i fondamentalismi e gli estremismi religiosi trovano terreno fertile per svilupparsi ed espandersi di fronte all’assenza di una strategia complessiva di sviluppo globale equo e giusto da parte delle Istituzioni internazionali; quando la crisi economica morde e la paura di perdere qualcosa spinge l’uomo a tirare fuori il peggio di sé, facendo passare come “istinto di sopravvivenza” le condotte violente (fisiche e verbali) dell’uomo sull’uomo, e determinando l’incapacità di riconosce nell’“altro”, nel diverso per etnia o colore della pelle, un suo simile; quando l’ultra velocità obbligata dell’attuale sistema di comunicazione globale impone una semplificazione estrema delle vicende e degli accadimenti, tanto da cancellare completamente i dettagli che spesso sono necessari per dare il senso compiuto di un fatto; quando poi si arriva in Italia e si sceglie di faticare poco e praticare la facile speculazione politica costruendo consenso sul tema delle migrazioni, attraverso l’uso di poche parole d’ordine che parlano alla pancia del paese, tipo: “tutti a casa loro”, “a loro trenta euro al giorno e agli italiani solo tasse”, ecc.; quando l’indignazione verso le stragi di esseri umani dura il tempo di un servizio televisivo in cui passano le immagini di bambini morti e del Papa che invita a non voltarsi dall’altra parte; quando tutto questo e altro ancora accade, se prima di addormentarci, non sempre ma solo qualche volta, anziché rimanere su Sky Sport, Master Chef o scorrere facebook, dessimo un’occhiata alla Costituzione della Repubblica Italiana o alla Dichiarazione Internazionale dei Diritti Umani, ci renderemmo conto che stiamo vivendo un presente povero e triste.
In questi giorni, il fatto che a Gioiosa Ionica si sia verificato un accadimento di violenza privata tra migranti, è motivo di sdegno e di linciaggio verbale degli operatori e degli amministratori pubblici che “li hanno portati”.
Proviamo a costruire un ragionamento ripartendo da capo un’altra volta. Il Comune di Gioiosa Ionica, ha scelto, con una deliberazione di Consiglio Comunale votata all’unanimità, di assumersi una parte di responsabilità, seppur piccola, di fronte al fenomeno migratorio epocale che sta investendo l’Italia e l’Europa, partecipando ad un bando pubblico per entrare nella rete del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR). Il Comune svolge un servizio per conto del Ministero dell’Interno, che trasferisce delle risorse economiche affinché la comunità possa accogliere coloro i quali hanno fatto richiesta di asilo politico e sono in attesa di una risposta, per il tempo necessario alla chiusura definitiva, in termini positivi o negativi, della procedura. Sono le Commissioni territoriali (in Calabria sono due: Crotone e Reggio Calabria) che, lavorando insieme agli uffici immigrazione delle Questure sotto il coordinamento delle Prefetture, hanno il compito di decidere se un richiedente ha o meno diritto all’asilo politico. Le risorse sono parametrate al numero di posti messi a disposizione. Nel nostro Comune, la gestione del progetto SPRAR è stata affidata, attraverso una selezione pubblica, ad una realtà del terzo settore che si chiama Re.Co.Sol. (Rete dei Comuni Solidali), la quale deve occuparsi dell’erogazione dei servizi ai beneficiari (alloggio, cibo, formazione, assistenza sanitaria, ecc.) fino al momento in cui la vicenda di ognuno non si conclude.
L’Amministrazione ha fatto una scelta valoriale consapevole: la solidarietà, la corresponsabilità, l’accoglienza, prevalgono rispetto al protezionismo, alla chiusura e all’egoismo.
Siamo, ed eravamo, coscienti e consapevoli che la scelta dell’accoglienza ha dei costi e dei benefici per la comunità: il non girarsi dall’altra parte; la crescita in termini sociali e culturali della nostra comunità, che attraverso la presenza di ospiti stranieri, può superare nella pratica pulsioni razziste e avviarsi verso una visione moderna della società, nuova e multiculturale, che non significa cancellare e appiattire le specificità e le radici di ogni cultura, ma valorizzarle in una convivenza armonica; la ricaduta in termini di microeconomia che l’accoglienza ha sul territorio. Tutto ciò vale più della fatica di gestire la presenza di 75 “stranieri” nella nostra comunità.
È ovvio che non è semplice, che esistono delle criticità, che possono determinarsi momenti di tensione e di scontro. Sono situazioni che si possono determinare e sono fenomeni fisiologici nei territori dove si ospitano dei richiedenti asilo. In quasi due anni ormai, a Gioiosa si è verificato un solo episodio particolare: nei mesi scorsi un gruppo (minoritario) di ospiti hanno inscenato delle proteste pacifiche con delle manifestazioni di piazza non autorizzate, per chiedere fondamentalmente una accelerazione dell’iter per il rilascio dei documenti. Purtroppo le commissioni, per la grande mole di lavoro, hanno dei tempi lunghi che spesso vanno anche oltre l’anno, e questo determina tensione. In quella occasione, grazie anche e soprattutto al grande impegno e lavoro delle forze dell’ordine, la vicenda si è contenuta e conclusa nei modi giusti.
Se poi il fatto che alcuni cittadini, individuano negli ospiti dello SPRAR, il capro espiatorio perché non tollerano che uno straniero possa occupare la panchina in piazza, o abitare nel portone accanto, o perché sono più semplicemente contrari alla scelta politica dell’Amministrazione di turno, stiamo parlando di un’altra cosa.
Nella serata di mercoledì scorso, in un appartamento di vico Colletta abitato da ospiti dello SPRAR, è avvenuto un diverbio tra coinquilini, sfociato in atti di violenza privata. Un avvenimento trattato per come si doveva, con la segnalazione dei vicini, con l’intervento immediato degli operatori dell’Ente Gestore, dei Carabinieri che hanno interrogato i protagonisti e raccolto le testimonianze di alcuni cittadini sui fatti e che ringraziamo per il lavoro enorme che fanno, e dei sanitari. Sono state sporte delle querele di parte, in quanto la prognosi per il soggetto soccorso è stata di tre giorni, per cui la giustizia farà il suo corso e si accerteranno le varie responsabilità. L’efficienza di chi è preposto a tale funzione dimostra che non siamo di fronte a nessuna emergenza sicurezza.
Questo fatto non ha nulla a che fare con il progetto d’accoglienza in sé, ma è stato determinato da atteggiamenti sbagliati di uomini, persone che sono ospiti del progetto. È chiaro che su settantacinque posti disponibili, e quindi le centinaia di ospiti che sono arrivati e arriveranno a Gioiosa a rotazione, statisticamente capiterà (come è capitato) che qualcuno avrà un carattere e un temperamento che lo porterà ad assumere condotte improprie. Ma stiamo parlando di qualcosa che all’interno delle comunità avviene in maniera ripeto fisiologica, indipendentemente dall’etnia o dal colore della pelle. Chiunque può assumere in determinate circostanze, comportamenti violenti ed antisociali: un italiano, un marocchino, un indiano, un nigeriano, ecc. Così come chiunque può ubriacarsi, può assumere comportamenti autolesionisti, può importunare la vecchietta (es. classico), ecc. Ma questa è la vita dell’uomo. Gli uomini vivono insieme, in comunità. Il rispetto delle regole è l’unico strumento che consente alla comunità di conservarsi e progredire. Sfortunatamente le regole non sono rispettate sempre e da tutti i consociati, altrimenti avremmo vissuto un mondo diverso, meno povero e meno triste.
Purtroppo, la situazione e il clima che in cui si sta vivendo, e di cui si accennava all’inizio di questo documento, fa sì che un bisticcio (della portata per come sopra descritto), in alcuni pezzi della comunità, muova gli istinti più bassi e più beceri. Se si fosse trattato dello stesso fatto, ma i soggetti coinvolti fossero stati italiano o stranieri non ospiti dello SPRAR, dubito che gli stessi cittadini scesi in strada per inveire e manifestare quella sera contro quei ragazzi, contro gli operatori di Re.Co.Sol. (lavoratori che stavano prestando la loro opera) e contro l’Amministrazione comunale rea di “averli portati”, avrebbero fatto lo stesso.
Per completezza di informazione, avendo notato che qualche organo di stampa ha riportato erroneamente il fatto che ero personalmente presente sul luogo nella serata in cui si è verificato dell’accadimento, tengo a precisare che per un impegno di natura privata mi trovavo fuori sede. Erano presenti invece il Presidente del Consiglio, il Vicesindaco, assessori e consiglieri.
Comunque io capisco, comprendo, ma non condivido. Così come non condivido l’introdurre e mischiare nel dibattito pubblico elementi che stanno su piani completamente diversi. Ad esempio, non comprendo il nesso che esiste tra il fatto che mercoledì scorso si sia verificato questo episodio di violenza privata (che ha coinvolto quattro ospiti del progetto SPRAR) e la “marcia degli uomini scalzi” che si è svolta a Gioiosa (come in tantissimi altri luoghi d’Italia) l’11 settembre scorso per manifestare solidarietà ai milioni di uomini e donne che nel mondo fuggono da guerra e fame. L’aver fatto quella manifestazione, doveva forse costituire un “credito di buona condotta” e di gratitudine degli ospiti dello SPRAR di Gioiosa nei confronti della comunità? Una manifestazione non può avere la funzione di prevenire, impedire, inibire il verificarsi di una azzuffata per futili motivi. Se così fosse, e servisse a migliorare la convivenza civile, faremmo una manifestazione a settimana, per scongiurare i danni alla comunità in generale, compresi quelli fatti dai non stranieri. Se non si valuta attentamente, se non si tenta di distinguere in maniera obiettiva, se non si entra nel merito delle questione fuggendo le semplificazioni facili, si corre il rischio di “buttare il bimbo con l’acqua sporca”.
In conclusione penso che un episodio come quello di mercoledì scorso, non può essere un pretesto per alcuni cittadini di scagliarsi contro l’accoglienza e di lasciarsi andare in giudizi e invettive sulle persone, del tutto false, fasulle e al limite della querela. Tuttavia questo avvenimento ci fa riflettere e ci fa toccare con mano, quanta ignoranza c’è ancora sul tema dell’accoglienza. E questo lo dico non per “santificare” gli stranieri in generale, ma per affermare la legalità contenuta nella Costituzione della Repubblica Italiana e nelle Dichiarazione Universali dei Diritti dell’Uomo.
Il tema delle migrazioni è un tema molto complesso, sul quale serve discutere in maniera seria e profonda. Ci sono sicuramente dei limiti pratici nel sistema, come i tempi lunghi delle commissioni che, oltre a causare tensione sui territori, comportano un aumento di costo per lo Stato, oppure l’incertezza sull’efficacia di un ordine di rimpatrio nel caso dei soggetti ai quali non viene riconosciuto lo status di rifugiato, ecc.
Ovviamente è legittimo anche essere politicamente e totalmente contrari ad ogni politica dell’accoglienza praticata a Gioiosa, in Italia e in Europa (non tutta), ma il dissenso politico nel nostro Paese si può manifestare attraverso le forme previste dalla Costituzione, non attraverso insulti e offese gratuite.
Riconoscere i diritti, guardare all’altro riconoscendolo come uomo, superare le ipocrisie, è il terreno sul quale, con la scelta di praticare l’accoglienza, l’Amministrazione ha voluto mettere alla prova se stessa e la comunità, cosciente dei costi politici che questo comporta. La mia Amministrazione, in due anni e mezzo di mandato, ha prodotto risultati rilevanti (gestione dei rifiuti, decoro del paese, economie gestionali, opere pubbliche, ecc., ma certamente non è questa la sede per approfondire). Tuttavia alcune volte mi capita di ascoltare qualche cittadino che, dopo aver manifestato apprezzamento per l’azione amministrativa, puntualizza il suo dissenso rispetto alla nostra scelta sull’accoglienza: la “macchia nera” che pesa nel giudizio politico complessivo.
La nostra scelta, mia e di tutte le persone che insieme a me condividono la responsabilità politica di amministrare, assessori e consiglieri, è stata quella di non avere macchie sulla coscienza e, pur consapevoli delle difficoltà e dei prezzi da pagare, abbiamo scelto di non voltarci dall’altra parte difronte alla sofferenza di milioni di uomini e di donne in fuga da guerre e da fame, coscienti del fatto che il Comune è un’Istituzione, un pezzo di Stato, e dove assumersi la sua parte di responsabilità.
Fortunatamente, in questo percorso, non siamo soli!
Gioiosa Ionica, 21 settembre 2015.
Il Sindaco
Salvatore Fuda