Babbo Mortale risponde

Babbo Mortale risponde

Caro Francesco,
quest’anno c’è una bella novità: ho deciso di rispondere a tutti.
Tu sei tu, lo so, ma tu sei come tutti. Tutti sono come tutti. Generalizzo perché tu possa partire da una base di piccolezza che ti è propria e per la quale avete tutti lavorato così tanto che non riconoscervelo sarebbe talmente brutto che nemmeno io voglio arrivare a questo.

Piccoli, minuscoli, granelli di sabbia minoritari dentro una tempesta nel deserto: siete così bassi ed insignificanti che mi piace pensare che non ve ne rendiate conto. Di contro ci sono i pesi delle colpe delle scelte ed ogni decisione ti ha portato, vi ha portato, ad essere quelli che poi mi scrivono la letterina piangendo vigliaccheria. Perché sai bene, e lo sapete bene tutti, che siete dei vigliacchi.

Preferisco dirtele subito certe cose, perché la speranza che tu possa essere esaudito ti abbandoni e tu non ti illuda. Sai, io non sono così come mi immagini ed argomenterò fin quando mi andrà di farlo. Fuori da ogni questione meritocratica, sia bene inteso. Non ti meriti niente.

Caro Francesco, che cosa cazzo credi mi interessi se sei stato buono o sei stato pessimo? Pensi davvero di poterti lavare la coscienza scrivendo a me? O a chi per me? Credi sia tipo la Confessione, tipo la Penitenza? Credi che possa servire a qualcosa rimettere i propri debiti a qualcuno per tornare in gioco puntando a migliorarsi, qualunque sia l’accezione del “migliorarsi”? Io lo so bene che vi piacciono le perversioni della delega, ci alleggerite le colpe allungandole con cubetti di ghiaccio fatti con lo stesso piscio con il quale avete annaffiato i vostri giardini. Lo so che vi piacciono le scorciatoie. Ma ho una brutta notizia: con me non funziona. Rileggilo: non funziona. Rileggilo: non funziona. Non così. In realtà non funziona così in nessuna delle applicazioni possibili. Te lo fanno credere perché se ne fottono sì di te ma non possono essere così plateali. Se ne fottono ma gli servi, gli servite tutti, per potersi addormentare sereni quando di notte per chissà quale motivo (spesso è colpa del cibo) non riescono a prendere sonno. E allora vi contano, vi contano placidi mentre fate il vostro dovere e si appisolano pronti al domani. Pronti ad alzare nuove staccionate. Pronti ad una nuova carneficina.

Non ti nascondo che mi piace che tu sappia di essere stato uno schifoso: la coscienza di sé è il primo passo verso l’accettazione. Prendo dunque per buono la tua ostinazione, il tuo alimentare fobie, la tua inedia, il tuo astio, l’inequivocabile disprezzo nei confronti dell’altro e la tua propensione all’odio. Ne sei consapevole. Se non fossi così come sei riusciresti ad applicare ad ognuno dei tuoi progetti cotanta consapevolezza. Ma sei approssimativo, oltre che codardo. Sei stupido e ti compiaci di vestir bene e di essere sempre fresco di barbiere. Io non riesco ad andare oltre a “sei stupido”.

La democrazia che ti si regala con troppa leggerezza è come le caramelle che si danno ai bambini: serve per ingolosirti. Poi iniziano i rimproveri per i denti cariati, iniziano le lamentele per i dolori crescenti fino a scoprire di avere il diabete. Tu ci giochi e voti e te ne fotti. Poi pesti un po’ i piedi per terra e piagnucoloso mi chiedi l’insulina. Non ti permettere!

Anzi non ti permettere nemmeno più di scrivermi. Se non fossi così impalpabile sapresti anche il perché del mio diniego. Ma tu non cerchi risposte. Ti attacchi ad ogni certezza momentanea nella convinzione che non confesserai mai a te stesso che il trascorrere del tempo parla al tuo corpo in un lingua che il tuo corpo conosce bene: ogni volta che l’occhio destro trema, ogni volta che la punta di una lancia fantasma trafigge la schiena, ogni volta in cui ti chiedi come sia possibile che ti faccia male il cuoio capelluto o quando si presentano i dolori alle unghie, gli sfoghi sul petto, l’ulcera, la tachicardia, le vertigini, l’inappetenza e ad ogni emicrania, ad ogni problema di erezione, ad ogni scarica di diarrea. Sei tu. Tu che taci alle domande della tua irrequietezza o che alle domande rispondi con altre domande. Tu che sei cieco e mi dici di navigare a vista, è chiaro che affogherai.
Affogherai. Affogherete.

Non delegare a me le tue intuizioni. Non delegare a me la tua pena. Non chiedere a me di ucciderti. Io con tutta questa merda non c’entro niente. E con “tutta questa merda” intendo esattamente te e qualunque divinità alla quale ti rivolgerai con la stessa richiesta e che l’accetterà.
Non chiedere a me di ucciderti. Stai affogando e non puoi nuotare perché le braccia ti servono per coprirti le orecchie. Le urla di chi annega sono insopportabili, vero? Sta a te decidere se più o meno del tuo stesso affogare.

B.M.

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