Rehab
Nell’incubo dell’altra notte ero un ragazzino di 15 anni. Mi chiamavano Greto, ma non sono sicuro che fosse quello il mio nome di battesimo. A dirla tutta non sono nemmeno sicuro di essere un bambino battezzato. Mio padre e mia madre non tenevano sofferenti Cristi crocifissi in casa. Nessuna statua della Madonna in soggiorno. Nessun Padre Pio appeso in corridoio. In casa nostra c’erano però un sacco di libri. Tantissimi autori. Tantissimi temi. Tantissime storie. Leggevano molto. Spendevano un pomeriggio prima di scegliere il libro adatto al loro umore. Sembrava normale che fosse così. Ho pensato alla notte in cui nacqui, o meglio ai giorni prima. Immaginavo che se ritenevano così importante la scelta di un libro, scegliere il mio nome per loro aveva rappresentato l’impegno più importante per almeno nove mesi. Avevo maturato l’idea che non ci erano riusciti e che in realtà mi sarei potuto chiamare ogni giorno in un modo diverso.
Abitavamo in centro città. Erano tutti così ligi ai propri doveri da creare un certo imbarazzo in chiunque arrivasse da realtà diverse da quella in cui avevo la fortuna di vivere. Io, Greto, non andavo a scuola. Imparavo vivendo la realtà che mi circondava. Le scuole erano costruzioni accoglienti in cui ci si incontrava a prescindere dall’età. Non ci si dava appuntamento, come quando si va a fare un salto in piazza certi di incontrare qualcuno con il quale trascorre qualche ora in compagnia.
All’entrata di ogni stabile la scritta “W il Dubbio” era il monito contro gli spacciatori di certezze. La “certezza ideologica” era una droga. Era il problema principale del nostro tempo, a conti fatti l’unico problema di quell’angolo di civiltà. Una specie di polizia locale vigilava 24 ore al giorno.
Di certo alcune fiamme di pensiero “certo” si nascondevano in qualche buco della città. Ad un incontro ascoltai un volontario vigilantes spiegare che i “certi” li puoi riconoscere abbastanza facilmente. Sono quelli che fanno fatica a rimanere dentro un qualunque scambio di opinione, sono quelli che ascoltano con difficoltà, gli occhi iniziano a mostrare qualche tic prima di iniettarsi di sangue, dopo qualche minuto, e diventano paonazzi, e tossiscono sempre più di frequente tradendo la natura di quella costipazione. I “certi” venivano ospitati dal Servizio Sanitario Nazionale, per una settimana, al Centro Benessere, proprio sulle colline ai bordi della città. I percorsi riabilitativi erano quelli comuni. I massaggi erano toccasana. Le tisane avevano il retrogusto dell’ayahuasca. Si ascoltava buona musica, rigorosamente dal vivo in ogni ambiente della SPA. Ai certi veniva solo chiesta la cortesia di tacere per una settimana. Nessuna imposizione. Se avessero provato a ribadire le loro certezze, avrebbero poi scontato altri giorni di detenzione nel centro benessere. È la regola di ogni buon rehab, baby.
Poi ebbi un sussulto.
Quando la voce di Suor Paolina mi ha svegliato, ho bestemmiato il primo personaggio del primo dipinto che mi sono trovato davanti. Era così ogni mattina. Non ricordavo il mio nome. Ieri era Giordano. Oggi sarò Greto. Domani vorrei avere la fortuna di essere Bruno. Ma non sono così certo che esista la fortuna.