Uccio

Uccio

Díuccio, che tutti chiamavano semplicemente Uccio, aveva due doni: era immortale e sapeva rendere felici le persone. Un solo desiderio. Il meglio di quanto gli si potesse chiedere ma un solo desiderio. Uno e soltanto uno. 

Potrebbe sembrare una gran cosa, anzi potrebbero sembrare due grandi cose, ma Uccio soffriva il suo tempo. Le contraddizioni dell’epoca a lui contemporanea, lui immortale, si trasformavano spesso in sofferenza, in ripetizioni cicliche di un’evoluzione approssimativa degli esseri umani, capaci sì di un certo progresso in ambito tecnologico ma così risucchiati nel vortice di questo stesso progresso da non riuscire più a dedicarsi un po’ di tempo. E che non si faccia l’errore di confondere la cura di sé stessi con l’egoismo, per favore.

Uccio amava il profumo delle gardenie. Gli riportavano alla mente la seconda metà del diciottesimo secolo trascorso negli attuali Stati Uniti d’America in compagnia del suo amico Alexander Garden, botanico e naturalista di origini scozzesi che per primo coltivò questa pianta asiatica nel suo giardino del nuovo mondo ed al quale la pianta deve il nome. Che periodo straordinario, quello…

Come Alexander, tante altre erano le persone che Uccio aveva esaudito. Non come in Alexander aveva trovato nel più delle persone la vibrazione capace di renderci parte della stessa intenzione, quella che mira al piacere della vita. Le finalità degli esseri umani si contorcevano via via che gli anni aprivano possibilità a breve termine a scapito della lungimiranza, questa vecchia stronza. 

Ed eccolo nel 2015. Uccio, capace di andare avanti negli anni, viveva sulla perenne altalena della vita con la sensazione di trovar sempre meno persone disposte a dargli una spinta quando la sua si stava affievolendo.

“Che palle! Che palle!! Che palle!!!”, sentì dire ad una ragazza con il telefono nella mano destra che urlava al suo interlocutore appoggiando il dispositivo sull’orecchio sinistro. Lei riagganciò ed Uccio le sorrise chiedendo quale fosse il suo problema. Si espose, lo faceva spesso ed altrettanto spesso senza essere creduto. La ragazza lo guardava come se avesse a che fare con l’ennesimo pazzo incrociato sulla sua strada. 

“Ah, sì? Puoi rendermi felice? Voglio essere ambidestra, così non mi incrocio sto cazzo di telefono all’orecchio ogni volta che mi chiamano. Te ce l’hai uno smartphone? Non hai idea dei dolori costanti che ho al braccio destro. Non ne hai davvero idea…”.

Uccio sorrise, le disse di calmarsi abbassando le braccia ancora gesticolanti di lei. 

“Vedrai che andrà meglio e che i tuoi dolori articolari smetteranno di darti fastidio. Tu devi solo fidarti di me.”

“Mi fido.”

“Bene, ricordati di me. Buona vita!”

Un anno e qualche mese dopo, la ragazza diventò sorda a causa di un’esplosione di un fuoco d’artificio piazzato miseramente sulla spiaggia, ai bordi del lido al quale aveva prenotato una postazione preferenziale per gustarsi i giochi pirotecnici. Si ricordò di Uccio, certo che se ne ricordò. E Uccio diventò l’unico obiettivo della sua furia. Denigrazione e fango. L’identikit di questo presunto “benefattore che attraverso il suo sorriso ti convince a dargli retta ma che invece ti maledice e come potete vedere questi sono i risultati”, iniziò a girare di dispositivo in dispositivo su ogni piattaforma di comunicazione di massa. 

Chi cazzo era questo Uccio?

Qualcosa di simile accadde con il tipo che pensava di essere osservato dal fantasma della ex-moglie ma che poi scoprì che l’attuale compagna lo faceva pedinare da un investigatore privato. Chi cazzo era questo Uccio?

Qualcosa di simile accadde con la signora incontrata al tabacchino che, solo durante i suoi sogni, voleva ricevere i numeri giusti ma poi non ricordava per quali fossero, tra i tanti giochi che lo Stato monopolizzava, monopolizza e monopolizzerà. Chi cazzo era questo Uccio?

Qualcosa di simile accadde con il ragazzo che odiava i piccioni che dall’albero cacavano puntualmente proprio su quel posto auto, riducendo quotidianamente ad un cesso la sua macchina, la sua fantastica automobile acquistata con sacrificio, sangue e sudore. Fu esaudito anche lui, ma una notte di bufera quell’albero fu spezzato dal vento e cadde dritto al centro di quella fiammante Alfa Romeo rossa, ultimo modello. Chi cazzo era questo Uccio?

Díuccio, che tutti chiamavano semplicemente Uccio, era quello che aveva due doni: era immortale e sapeva rendere felici le persone. Ma lo odiavano praticamente tutti. 

Il 21 agosto di un anno successivo a tutto quanto gli fosse accaduto, decise di andare a trovare Alexander al cimitero. Inutile dirvi che pianta comprò per quell’incontro. Si sedette di fronte al marmo dal cui occhio ciclopico sorrideva il suo vecchio amico e deliziato dal profumo delle gardenie, chiuse gli occhi ed attraversò a ritroso il suo lunghissimo tempo. 

Il suo lunghissimo tempo.

Il suo lunghissimo tempo.

Un viaggio come quelli che dicono si faccia prima di morire. 

Una carrellata di nomi, cose, città, animali e persone che nemmeno credeva di ricordare davvero. 

Era il suo lunghissimo tempo.

Era il suo lunghissimo tempo.

Quando riaprì gli occhi si rese conto di non essersi mai concesso la possibilità di esaudire un suo proprio desiderio. Stanco, ma non è dato sapersi quanto, sorrise ad Alexander e decise che quel 21 agosto era proprio il giorno giusto per farsi un regalo.

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