Il sogno di una vita migliore e poi la morte a pochi chilometri da Roccella Jonica
Erano partiti dalla Turchia, a bordo di un veliero. Cittadini iraniani, afghani e curdi iracheni hanno intrapreso il viaggio con la speranza di raggiungere l’Europa e iniziare una vita più dignitosa. Molti di loro erano bambini.
A un certo punto il motore dell’imbarcazione si è incendiato, facendo rovesciare lo scafo a poche miglia dalle coste della Calabria.
Solo undici persone sono state salvate, una è stata ritrovata morta e sessantasei sono disperse (ma ormai si considerano decedute).
Vite spezzate, storie mai raccontate, sogni sepolti in fondo a un mare visto come salvifico lasciapassare verso un futuro migliore. Poco tempo dopo la strage di Cutro, a pochi chilometri dalle nostre case, dalle nostre coste e dalle rive che presto saranno prese d’assalto da bagnanti spensierati.
Esseri umani sottratti all’esistenza che diventeranno materia utile alle statistiche, trovando marginale menzione su qualche mezzo di informazione. Mentre noi, intenti a fare ossequiosamente i conti con la nostra sopravvivenza quotidiana, cambieremo canale o passeremo alla notizia successiva sul giornale, affidando all’indifferenza il compito di convincerci che quanto accaduto non ci riguardi.