Aiello: “L’Unione Europea deve garantire e tutelare il diritto alla libertà di espressione e di informazione”
di Pasquale Aiello
Esiste una subdola pratica intimidatoria diffusa e in continua espansione definita ‘Slapp’, acronimo di ‘Strategic lawsuit against public participation’, cioè “causa strategica contro la partecipazione pubblica”, ma in Italia si legge ‘querela temeraria’. Con essa si intende una denuncia sporta senza che vi siano i necessari presupposti. Una querela, cioè, senza nessun reato commesso. L’unico obiettivo è intimidire la persona accusata per scoraggiarne l’attività, togliendole tempo, soldi e iniziativa con il fine ultimo di
ricattarla e costringerla al silenzio. Si tratta di un’arma, se si vuole, che usano in tanti, dai più intelligenti ai più cazzoni, che siano mafiosi, politici o religiosi, per cui la maggior parte delle volte l’accusa è di diffamazione, ed è rivolta quasi sempre a giornalisti, blogger o attivisti con la schiena dritta che, rimasti liberi e non asserviti, denunciano pubblicamente cose che altri sostengono essere calunniose nei propri confronti.
Le Slapp sono sempre cause intentate da persone o organizzazioni che hanno disponibilità economiche in grado di sostenere agevolmente lunghi processi, che ritardano o addirittura impediscono la pubblicazione di informazioni di interesse pubblico rappresentando perfino un onere inutile per i tribunali. Quindi è comprensibile come diventi dispendioso, soprattutto economicamente, per un giornalista o attivista, provvedere da sé per le spese, pertanto chi sporge denuncia è consapevole dello
squilibrio che esiste tra il querelante e il querelato e lo sfrutta a suo tornaconto. E’ evidente che gli attacchi sferrati contro giornalisti di livello nazionale, o anche corrispondenti di testate regionali possono nascere da semplici episodi, ma il più delle volte si inquadrano e si spiegano all’interno di una dinamica più complessa che vede al centro non solo la libertà di informazione, sempre più minacciata dall’imbarbarimento politico, ma pure una serie di affari ed interessi legati a importanti centri di potere.
Qualcuno che di tutto ciò se ne intende, Report insegna, dice che l’inchiesta giornalistica o semplicemente un servizio su un quotidiano, serve per mettere in discussione scelte politiche e ‘fare luce su zone d’ombra’, ma al potere, inteso in quanto tale, questo non sta bene, sia esso un potere forte o anche un potere da colibrì. E allora viene da chiedersi molto semplicemente in che condizioni versa la salute dello stato di diritto di una nazione in cui, dal premier, al semplice parlamentare, al sindaco della metropoli o di
un paesino qualsiasi, al presidente di regione, di borgata, di condominio o del ‘circolo per anziani’, ricorrono alle querele temerarie per far tacere le voci critiche e scoraggiare l’attività politica o di cronaca. La Commissione europea ha presentato, da qualche anno, non senza l’intralcio di qualche paese membro, una proposta di direttiva contro le querele temerarie che consentirebbe ai giudici di archiviare rapidamente le cause manifestamente infondate contro giornalisti, difensori dei diritti umani e organizzazioni della società civile impegnate nella partecipazione pubblica. Una slapp archiviata,
pertanto, equivarrebbe, per chi la intenta, a una brutta figura e una clamorosa gaffe agli occhi della pubblica opinione, ma suonerebbe anche come una sonora disfatta, con probabile calo di consenso politico o sociale che sia. La direttiva era stata presentata come un’iniziativa in onore della giornalista uccisa Daphne Caruana Galizia, per difendere, come è giusto, giornalisti, attivisti e difensori dei diritti umani contro coloro che cercano di metterli a tacere, ma che, “se resta così” ha dichiarato il figlio “non l’avrebbe mai tutelata”.
Vera Jourova, invece, politica ceca e vicepresidente della Commissione europea per i Valori e la trasparenza pensa che “In una democrazia, la ricchezza e il potere non possono dare a nessuno un vantaggio sulla verità”. Sono tante, infatti, le associazioni che fanno rete per impedire che la direttiva venga sterilizzata e resa inutile inibendo la protezione di coloro, pochi ormai, che, senza catene, parlano o scrivono liberamente di interesse pubblico, di corruzione, di questioni ambientali o di tante altre che sono importanti e riguardano i diritti e la convivenza civile. L’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione è indispensabile affinché una democrazia non corra il rischio di ammalarsi e rimanga sempre robusta e prosperosa. L’Unione europea con l’Italia in testa, dovrà compiere qualsiasi sforzo per garantirlo e tutelarlo.