Il lento declino delle industrie italiane, operai, PNRR e Made in Italy. Riflessioni di Francesco Violi
di Francesco Violi
C’era una volta nel nostro bel paese una grande industria: l’ILVA di Taranto, il più grande centro siderurgico d’Europa, ci lavoravano tanti operai, almeno 20 000, che producevano acciaio per l’industria. Essa era stata costruita lontano dalla città , perché le polveri emesse dalle varie lavorazioni ricadevano sul terreno ed erano nocive per la salute. I terreni della zona prossima alla fabbrica non erano adatti all’agricoltura né all’insediamento umano, in poche parole avevano perso il loro valore di mercato. Qualcuno ha fiutato l’affare ha comprato a buon prezzo i terreni e ci ha costruito molte case da vendere agli operai, incurante dei pericoli per la loro salute. La città piano piano si è espansa attorno alla fabbrica, dove non dovevano esserci insediamenti umani: sorgevano ovunque palazzoni anonimi dove gli operai vivevano con le famiglie respirando aria malsana e venendo a contatto con le polveri di carbone e altre sostanze nocive.
Cominciarono a comparire malattie gravi nella popolazione e, giustamente, cominciano le prime proteste contro la grande fabbrica affinché limitasse l’inquinamento nelle aree circostanti. Non era una cosa impossibile da fare ma bisognava dar via ad un processo di risanamento lungo e costoso e interrompere temporaneamente la produzione, pertanto i proprietari dello stabilimento non erano propensi a intraprendere una strada che avrebbe inciso sui loro profitti. Dopo lunghe battaglie legali sono stati costretti a vendere la fabbrica e mettersi da parte. Nella lista dei possibili acquirenti vi erano un gigante Franco-Indiano della siderurgia ArcelorMittal e una cordata di imprenditori Italiani. Lo Stato Italiano faceva da mediatore, con il governo di sinistra (2017) e ha scelto la di venderla ad Arcelor. Il risultato, dopo altre battaglie legali e vicende varie che non sto ad elencare , è stato quello della chiusura, di fatto, dello stabilimento con la messa in cassa integrazione degli operai, lo spegnimento degli altiforni con lo smantellamento e il conseguente trasferimento all’estero dei macchinari più costosi. Si è scelto, giustamente, di tutelare la salute dei cittadini a discapito dei loro posti di lavoro. E’ stato il più grande errore della sinistra al governo, quello di vendere agli stranieri che non avevano nessuna intenzione di produrre in Italia con gli standard europei, quando possono produrre acciaio in India incuranti di qualsiasi tutela dell’ambiente.
Esisteva anche una grande fabbrica di automobili in Italia, la Fiat che aveva inizialmente fabbriche e sede a Torino, in essa lavoravano tanti meridionali che lì trovavano lavoro e potevano crescere i loro figli, visto che nei nostri paesi non c’era questa possibilità. Essi tornavano ogni estate, a passare le ferie nella loro terra di origine e biasimare per quello che hanno lasciato lodand la loro nuova vita, quasi a voler scacciare i loro stessi sensi di colpa. Ma non c’era tempo per pensare, dovevano scottarsi al sole e bagnarsi nell’acqua di mare, poi ritornavano al loro lavoro in fabbrica, magari sbeffeggiati dai locali per il colore della loro pelle e per l’accento, ma con qualche soldo in tasca per poter vivere.
Intanto la Fiat si ingrandiva, acquistava l’Alfa-Romeo, la Lancia, la Ferrari e altre case ancora, e con l’aiuto dello Stato costruiva altri stabilimenti: Termini Imerese, Melfi, Termoli, ecc. Cioè avvicinava il lavoro alla manodopera, così gli operai delle zone interessate, non dovevano più emigrare al nord. Poi, con gli anni, la Fiat è diventata una multinazionale ha costruito fabbriche all’estero: Polonia, Serbia e persino in America dove ha rilevato una casa fallita, la Chrysler e ha riavviato la produzione. Intanto, dimenticando gli aiuti di stato in Italia ha portato la sede societaria in Olanda dove paga tasse irrisorie e accumula utili.
Ma le società, per sopravvivere e ottimizzare la produzione, devono diventare sempre più grandi e allora cercano partner. La Fiat si è “unita” con la Citroen creando Stellantis. Insieme dovevano affrontare la transizione energetica producendo auto sempre più ecologiche e abbandonando gradualmente i combustibili fossili. Fin qui tutto bene, ma c’è qualche problema: gli stabilimenti, ultimamente, in Italia vengono chiusi e gli operai vengono mandati in cassa integrazione (a spese dello Stato Italiano, ovviamente), con la promessa della riconversione e riapertura in seguito. Di fatto le fabbriche sono state smantellate e portate all’estero, con il nuovo presidente Tavares (portoghese) vengono costruiti stabilimenti in Algeria, in Spagna, altri vengono allestiti in Francia per i nuovi modelli Fiat, ma anche per la Lancia, la produzione verrà avviata all’estero. Resta da trasferire solo Alfa romeo e Ferrari, ma presto, visto l’andazzo, c’è da scommettere che anche queste diventeranno francesi.
E pensare che questo è avvenuto nell’ultimo anno con un governo di destra, ultranazionalista, che ha istituito un ministro “del Made in Italy”, il quale non si è accorto dell’evaporazione dei marchi italiani dell’automobile. Non sono state nemmeno vendute, le società sono semplicemente diventate straniere a costo zero, cioè regalate! Ma me lo spiego: ultimamente il governo non si sta occupando di economia, PNRR e di Made in Italy, ha altre gatte da pelare! Si sta interessando di uomini, di Italiani “DOC”, vuole che la nazione sia abitata persone che hanno i genitori nati in Italia e sono esse stesse nate in Italia, altrimenti sono stranieri!
Manca solo il vademecum dell’Italiano tipo, se deve essere con gli occhi scuri, i capelli castani ecc… Gli altri verranno espulsi, clandestini e non, magari con i soldi del PNRR visto che sono procedure molto costose.
Mi chiedo dove erano i sindacati quando è stata venduta l’ILVA, visto che l’allora presidente della CGL Susanna Camusso, intervistata sulla vicenda ILVA, ha detto di non essersi interessata al caso, (20.000 operai erano poca cosa … Forse). Mi chiedo dove è adesso il sindacato mentre si sta smantellando l’industria dell’automobile? Come sono tutelati i lavoratori che hanno perso il lavoro? Poi, perché si dice che l’economia cresce mentre la produzione industriale in un anno è diminuita del 7,5%? Sorge persino il sospetto che i dati ISTAT siano falsi!
Dove emigreranno adesso che non ci sono più le fabbriche per lavorare, i meridionali, operai, ingegneri che formiamo con costi notevoli? All’estero, naturalmente. E quei pochi Italiani DOC che rimangono in Italia avranno la possibilità di comprare le automobili elettriche importate, senza un incentivo statale? Possono sempre usare le vecchie macchine a benzina o Diesel… Anzi no: nelle città, i sindaci ne stanno vietando la circolazione a causa dell’inquinamento! Non ci resta che comprare le biciclette elettriche, rigorosamente cinesi, visto che in Italia nessuno le produce. Presto, secondo quanto annunciato dal governo, saranno munite di targa, casco e assicurazione, resta solo da adeguare la segnaletica: in città possono andare al massimo a 25 Km/h, se no, in assenza di automobili, le multe a chi le fanno? Già, le biciclette…Quando sarà costruito il ponte sullo stretto, avranno uno sconto sul pedaggio rispetto agli altri veicoli? Ah, il ponte, se mai si troveranno i soldi per costruirlo, da dove sarà importato l’acciaio necessario che non produciamo più?