Medico gioiosano su RAI 2 a Medicina 33
A tre anni dall’inizio della pandemia vaccini e anti-virali hanno reso gestibile il Covid, ma il virus non è scomparso. Prevedere l’evoluzione della malattia non è semplice, ma un dato è certo: difficilmente sarà eradicabile e la nuova emergenza è il long Covid, che colpisce1 persona su 3, anche tra i giovani. Infatti, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sarebbero 65 milioni nel mondo e 17 milioni in Europa le persone alle prese con la coda di infezione da Coronavirus. Pochi però le conoscenze e i progressi della comunità scientifica sul fronte dei trattamenti terapeutici disponibili contro la sindrome post-Covid. Ovvero quella sequela di manifestazioni conseguenze a lungo termine del Covid, caratterizzate soprattutto dalla “fatigue”, che provoca una prolungata e invalidante spossatezza, più o meno intensa da persona a persona, associata a debolezza muscolare, insonnia e tachicardia.
In questo contesto hanno suscitato particolare interesse i primi risultati di un nuovo studio sul long Covid condotto dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – Università Cattolica Campus di Roma. Questo studio si inserisce in un filone di ricerca già aperto da una recente pubblicazione sulla rivista Nutrients, che attestava l’efficacia dell’azione sinergica di arginina e vitamina C nel ridurre la stanchezza cronica e migliorare la performance funzionale.
Nel nuovo studio, in corso di pubblicazione sulla rivista International Journal of Molecular Sciences, il gruppo di ricerca coordinato da Francesco Landi, direttore del Dipartimento di Scienze dell’invecchiamento ortopediche e reumatologiche del Policlinico Gemelli di Roma e ordinario di Geriatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha messo in luce che nei pazienti con long Covid si verifica un’alterazione del metabolismo dell’arginina, un amminoacido prodotto naturalmente dall’organismo, il quale stimola l’ossido nitrico, enzima chiave per una corretta funzione immunitaria e vascolare. I ricercatori hanno inoltre dimostrato che la somministrazione di 1,6 grammi di arginina e 500 mg di vitamina C liposomiale per 28 giorni, riporta il metabolismo dell’arginina a un livello normale e consente di contrastare efficacemente la “fatigue”.
Lo studio
Nello studio sono stati coinvolti 57 persone, 46 adulti con long Covid a otto mesi dalla diagnosi e 11 persone abbinate per sesso ed età senza evidenze di precedenti infezioni da Sars-CoV-2. I pazienti con long Covid sono stati divisi in due gruppi: 23 hanno ricevuto il mix di arginina e vitamina C liposomiale e gli altri 23 un placebo per un periodo di 28 giorni. “Prima di iniziare il trattamento abbiamo misurato le concentrazioni di arginina nel sangue, osservando livelli significativamente più bassi di arginina nei pazienti con long Covid – racconta Landi, coordinatore dello studio -. Alla fine dei 28 giorni abbiamo scoperto che le concentrazioni di arginina nel sangue dei pazienti con long Covid è salita, raggiungendo livelli ‘sani’ come quelli rilevati nei pazienti appartenenti al gruppo di controllo”.
“Abbiamo dimostrato per la prima volta che il metabolismo dell’arginina è alterato nei pazienti con long Covid rispetto alle persone senza storia di infezione da Sars-Cov-2 – aggiunge Matteo Tosato, coautore dello studio e Responsabile Unità Operativa Day Hospital post-Covid, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma -. L’arginina è un indispensabile amminoacido alla base di molteplici funzioni ed è coinvolta principalmente nella sintesi di ossido nitrico, che gioca un ruolo chiave nella reattività endoteliale in risposta all’esigenza dei diversi tessuti, favorendo un corretto apporto di sangue in relazione alle loro necessità, migliorando così la performance funzionale”.
“Attualmente in assenza di trattamenti disponibili contro una sindrome di cui ancora sappiamo ben poco, ripristinare i valori di arginina potrebbe rappresentare una nuova strategia integrativa efficace contro la ‘fatigue’ da Long Covid, che può essere associata a disfunzioni immunitarie e vascolari, che a loro volta aumentano il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari”, conclude Landi.
Ufficio stampa
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