Un ricordo del lettore Erminio Niceforo in saluto a Papa Benedetto XVI
Di Erminio Nicèforo
Omaggio al Pontefice emerito Benedetto XVI nel giorno delle Esequie.
Il Papa Benedetto XVI è in visita nell’abbandonata Terra di Calabria. Un gesto che toccò il cuore dei calabresi.
Ed oggi, nel giorno delle sue Esequie, la memoria mi riporta a quella fosca ed umida mattinata autunnale lametina quando, aderendo all’iniziativa promossa dalla Comunità Parrocchiale dei SS. Silvestro e Barbara di Caulonia Marina, partecipai al pellegrinaggio che avrebbe avuto culmine con la solenne Celebrazione Eucaristica comunitaria a Lamezia Terme.
La presenza del Papa nella nostra martoriata Terra, in quella giornata storica e per tutti noi indimenticabile è stato un evento di grazia e di gioia.
Ricordo come fosse ieri.
Nonostante sia stata una giornata di pioggia, di fango, di nebbia, non ha comunque impedito l’affluenza di oltre 130 mila fedeli a radunarsi presso l’area attrezzata nella zona industriale già dalle prime luci dell’alba.
Attendemmo con molta ansia il suo arrivo, sebbene troppo lontani dal sagrato dell’Altare dove riuscivamo ad intravedere a malapena una sagoma bianca.
Non potevo rientrare senza aver visto da vicino “l’uomo bianco” come la mia allora piccola cuginetta Maria Francesca lo definí.
Appena conclusasi la Santa Messa non esitai un solo istante a rivolgermi a lei: “Mari vorresti vedere come me il Papa da vicino?”
“E come facciamo Ermi?” Rispose.
E così senza pensarci due volte, quasi come fosse una scena premeditata, l’afferrai subito, la presi in braccio e le dissi: “Mari fingi di svenire…”
“E come si fa Ermi?”
Non chiedetemi come mi sia balzata in mente la Pietà di Michelangelo… E dunque, cercando su internet la scultura marmorea e mostrandola alla mia cuginetta, le consigliai di abbandonarsi fra le mie braccia nella medesima posizione del Cristo morente.
Così iniziò <<la lunga corsa>> ricca di ostacoli e divieti: un continuo percorrere quella via intrisa di fango e pozzanghere che però avrebbe portato al conseguimento del nostro obiettivo: vedere il Papa.
Non ci scoraggiamo, specialmente io nel trascinare un “peso morto”. Superammo decine e decine di transenne eccetto l’ultima, maggiormente blindata delle precedenti.
Presi dallo sconforto decidemmo di fermarci e sostare lì in attesa dell’arrivo della papa- mobile. Dinnanzi a noi un volto famigliare, una suora, un’amica: Suor Caterina, la quale non ha esitato un solo istante per aiutarci alla realizzazione del nostro piccolo, ma per noi grande, traguardo.
Così, fingendosi sclerata, ordinó ad un volontario che sostava di guardia nell’ultimo varco che precedeva le prime file, di farci oltrepassare la transenna. Esordì col marcato accento di Pellaro: “babbu no’ vidi stu cotraru cu sta figghjia malata? Nu pocu i cumpassioni! Moviti e falli passari”.
La grande suora ebbe la meglio e pertanto passammo avanti a tutti. Giunti in prima fila fra le più alte Autorità calabre e locali (Sindaci, Prefetti, Colonnelli) mi rivolsi scherzosamente alla mia cuginetta: “Lazzaro cammina!”
In piedi entrambi, finalmente, aspettammo il fatidico momento.
L’ansia cresceva sempre più al passo delle grida dei presenti che aspettavano trepidanti quanto noi l’arrivo del Papa.
Riuscirei ancora oggi a scandire secondo dopo secondo quell’indimenticabile sguardo, quegli occhi negli occhi, quell’incrociarsi gli uni negli altri quasi come <<uno sguardo che fulmina>>.
Dallo sguardo di Papa Benedetto è come se avessimo avuto un accesso diretto a una dimensione molto intima. “Guardami negli occhi”, si dice infatti, quando di qualcuno non ci si vuole lasciar sfuggire nemmeno uno sguardo. E così è stato anche per noi che alla fine sfogammo la nostra gioia in un pianto liberatorio.
L’ondata di affetto che ha espresso al popolo calabrese, il suo garbo, la sua semplicità, resteranno indelebili nel ricordo di quanti ebbero la fortuna di riunirsi quel giorno a Lamezia, giorno storico per la Calabria, ma ancor più per noi.
Ripercorremmo la lunghissima via di fango e, tornando vittoriosi, al resto del gruppo esclamammo: “Lo abbiamo visto e Lui ha visto noi!”.