Ilario Ammendolia e il giustizialismo di Travaglio contro Mimmo Lucano
Riceviamo da Ilario Ammendolia e pubblichiamo
Non so proprio come si possa colpire con ferocia un uomo che giace sanguinante a terra e quindi non riuscirò mai a comprendere come un direttore di un giornale molto conosciuto come Il Fatto possa insultare Mimmo Lucano condannato a 13 anni di carcere indicandolo in un suo editoriale di qualche giorno fa come: “… il Cetto La Qualunque della Sinistra”.
Ammettiamo per un solo attimo che Lucano sia colpevole e dovrà per questo scontare 13 anni di carcere. In tal caso la sua vita sarebbe finita e non mi sembrerebbe il caso di aggiungere alla pena regolarmente comminata dei giudici gli insulti gratuiti.
Travaglio non è garantista e ci sta; crede ciecamente nell’operato della magistratura e ci sta pure, ma proprio per questo dovrebbe rifuggire dalla gogna che aggiunge al reo una pena mai inflitta dai giudici. La libertà di insulto non ha niente a che vedere con la Giustizia.
Ora torniamo alla realtà: Mimmo Lucano deve essere ancora giudicato in appello ed eventualmente in Cassazione. Un Tribunale potrebbe riconoscerlo innocente in tal caso non sconterà gli anni di galera ma le ferite resteranno. Per esempio, l’insulto di essere un “ Cetto La Qualunque” gli brucerà anche dopo un’eventuale assoluzione. E brucerà ancora di più la frase sibillina usata da Travaglio nel suo editoriale per far credere che Lucano abbia usato i soldi dell’accoglienza per provvedere «alla scuola per la figlia». Il riferimento è alle rate che un amico di Mimmo Lucano ha mandato per pagare l’alloggio di Martina figlia dell’ex sindaco di Riace. A dimostrazione di quanto dice Travaglio cita la sentenza nella parte in cui c’è scritto: «Monitorando il conto corrente di Zurzolo ( l’amico di Lucano) è emerso che dal gennaio 2015 fino al novembre 2016 ha versato mensilmente a tale… il canone d’affitto dell’appartamento romano della figlia di Lucano per un totale di 9500 euro.» “Carta canta in cannolo”!
Peccato però che Mimmo Lucano per tale reato non sia mai stato condannato e mai perseguito e lo Zurzolo non ci sia mai stato chiamato a rispondere di un reato così grave e non per una svista o per benevolenza dei giudici ma perché entrambi sono risultati estranei a tale fatto delittuoso. Infatti gli inquirenti hanno accertato che tra Rosario Zurzolo ( incensurato) e Mimmo Lucano non c’è stato alcun rapporto di tipo economico e quindi nessun motivo per cui il primo avrebbe dovuto pagare qualcosa a Lucano. Si deduce che lo Zurzolo si limitava semplicemente a spedire un bonifico perché usava lo sportello bancario on line che il Lucano non aveva. Dov’è il reato? A quanti anni è stato condannato l’ipotetico corruttore di Lucano?
Del resto una mazzetta di circa 400 euro mensili pagata con regolare bonifico e con tanto di nome e cognome della persona che invia quanto del destinatario sarebbe una cosa ben strana.
Travaglio sa bene che esiste per i magistrati l’obbligo di perseguire i reati, se in questo caso non l’hanno fatto è perché l’intera vicenda delle rate non contiene assolutamente nulla di illegale, di anomalo, di sospetto, di immorale. A questo punto se io avessi la forza mediatica del dottor Travaglio, vorrei capire perché i giudici hanno scritto nelle motivazioni della sentenza un episodio che non è reato facendolo apparire tale fino al punto da trarre in errore lo stesso direttore del Fatto.
Non muovo un’accusa ma sottolineo un fatto almeno per me incomprensibile. Inoltre vorrei comprendere perché Mimmo Lucano è stato condannato a 13 anni e mezzo di carcere pur in assenza di frequentazione di alberghi o ristoranti di lusso, di macchine fuori serie, di escort, di vestiti griffati, di viaggi costosi, di affari, di depositi alle Cayman. Molti più anni di quelli comminati ai responsabili della Parmalat, della Cirio, del MPS, dei “furbetti del quartierino”, del San Raffaele, del Mose o per andare ancora indietro nel tempo, dello” scandalo petroli”, della maxi tangente Montedison, della Lockheed.
Non difendo Lucano innanzitutto perché Lui lo sa fare molto meglio di me ma anche perché ha ottimi difensori nel processo e la solidarietà di numerose personalità della politica, della cultura e della società civile. E tuttavia mi pongo una domanda: nulla di anormale in tutta questa vicenda? Possibile che dinanzi alle accuse di Travaglio, l’unica a prender carta e penna, sia stata la figlia quasi che sia del tutto normale sputtanare senza appello una persona.
Nella Mecca del giustizialismo che è la Calabria può succedere di tutto. Per esempio, ricordo che anni fa, nello stesso tribunale, un imputato di conclamata appartenenza alla mafia e che ha praticamente e volontariamente ucciso un uomo a colpi di pistola è stato condannato alla metà degli anni di Lucano. Sembrerebbe strano ma, credetemi, non lo è affatto. Strano ( e colpevole) è il nostro silenzio. La nostra omertà!