Conia e Repaci: “Daremo battaglia per la stabilizzazione dei tirocinanti in mobilità”
Un decennio in balìa dello Stato: questo è l’amaro destino di migliaia di lavoratori calabresi che hanno avuto la sfortuna prima di perdere il proprio posto di lavoro e poi di essere illusi e mortificati di anno in anno con ammortizzatori sociali, progetti e promesse che li hanno via via spogliati dei diritti seppur tramutandoli in fondamentali, ma atipici, lavoratori al servizio di enti pubblici e privati.
Chiamati senza vergogna “tirocinanti”, nome che forse fa sentire meno in colpa governanti regionali e nazionali del partito unico trasversale, da anni svolgono nei comuni, nelle aziende e persino presso organizzazioni sindacali, mansioni a fianco di colleghi con diritti e stipendi normali come normale dovrebbe essere il lavoro in una Repubblica che nella sua Costituzione pone il lavoro all’Articolo 1 come caposaldo del suo patto sociale.
Per rinfrescare la memoria e suscitare un po’ di vergogna in chi in questi anni e ancora oggi potrebbe e dovrebbe intervenire, citiamo alla lettera parte della normativa che avrebbe dovuto tutelarli e che invece li ha trasformati in precari di Stato prigionieri di promesse e illusioni che, insieme alla necessità di dover sostenere le proprie famiglie e alla fragilità del sistema economico calabrese, ha impedito loro di trovare autonomamente una nuova e dignitosa collocazione:
“Sono destinatari del trattamento di mobilità in deroga i soggetti dipendenti e residenti nel territorio della Regione Calabria che hanno subito un licenziamento collettivo. plurimo o individuale per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione trasformazione o cessazione di attività di lavoro, dimessi per giusta causa nel periodo 1° gennaio 31 dicembre 2011 o che abbiano cessato di godere degli ammortizzatori sociali ordinari nello stesso periodo e che mantengono per tutta la durata del trattamento lo stato di disoccupazione ai sensi della normativa vigente e sono soggetti ultracinquantenni non in grado di completare la maturazione dei requisiti necessari per il pensionamento di anzianità o dì vecchiaia, il cui periodo mancante per raggiungere il diritto a pensione non superi i 12 mesi e maturi entro il 31 dicembre 2011 e si trovino in specifiche situazioni.”
Non quindi aspiranti lavoratori, ma lavoratori veri e propri che avrebbero meritato e meritano sensibilità e competenza e non più di dieci anni di calvario e di lavoro pubblico sottopagato, privati di fatto e per legge della maggior parte dei diritti costituzionalmente garantiti.
Eppure negli anni le promesse e i percorsi di inclusione e di ricollocamento attivo sono stati tanti, così come gli enti che avrebbero dovuto ospitarli, formarli e poi assumerli a tempo indeterminato con o senza selezione pubblica in base al loro livello di istruzione e alle mansioni previste dalla normativa sul pubblico impiego. Ultime in ordine di tempo, e in piena campagna elettorale, le promesse spacciate per certezze dall’ allora assessore Orsomarso, promesse e certezze dissolte nel nulla alla chiusura delle urne.
Governo e regione non possono più far finta di non vedere, non possono più prendere tempo o sviare la questione, è arrivato il momento di intervenire in maniera forte e risolutiva. Basta con inutili proclami: ognuno faccia la sua parte intervenendo sulla norma con atti precisi e risolutori.
A meno che l’ingrossarsi e l’istituzionalizzarsi del precariato storico non convenga a qualcuno che dalla sua esistenza trova un diabolico giovamento, continuando a relegare i diritti nel campo dei favori da concedere e del paternalistico e utile interessamento che rispunta ad ogni tornata elettorale.
Siamo pronti ad andare in tutte le piazze, fino a Montecitorio, a fianco dei lavoratori per difendere i loro diritti e mettere fine una volta per tutte al lavoro nero di Stato.
Michele Conia, vicepresidente nazionale demA
Sandro Repaci, coordinatore metropolitano di Reggio Calabria della Coalizione de Magistris