Cosimo Cavallaro: “Il Progetto Riace è stata una delle migliori risposte al problema dell’accoglienza degli ultimi 20 anni”

Cosimo Cavallaro: “Il Progetto Riace è stata una delle migliori risposte al problema dell’accoglienza degli ultimi 20 anni”

di Cosimo Cavallaro

È un essere spregevole quello dipinto dai giornali e che si aggira nella Locride nascondendo, dietro la maschera del “bon homme”, tratti che avrebbero dato del filo da torcere allo stesso Lombroso e attirato l’attenzione maniacale del grande neurologo Sigmund Freud. Un dottor Jekyll del ventunesimo secolo capace di sdoppiarsi tra “paladino degli ultimi” e dominus indiscusso di un “sodalizio criminale”. Un re Mida negativo che non muta in oro ciò che tocca ma, al contrario, ingannando milioni di persone in buona fede e migliaia di giornalisti di tutte le nazioni, non ha “trasformato il migrante da problema a risorsa territoriale” ma,
spinto da “logica predatoria”, ha usato il denaro pubblico e i progetti ministeriali di integrazione come strumenti “asserviti agli appetiti di natura personale, spesso declinati in chiave politica”.

Pochi concetti di estrema chiarezza che aiutano a capire quanto fosse importante, aldilà dei fatti, smontare definitivamente il “Progetto Riace”, già abbondantemente smantellato dai “Decreti Sicurezza”, demolendo l’immagine del suo più noto ideatore. Ma anche utili per spalancare le porte alle peggiori pulsioni di destra alimentando titoli su alcuni giornali come: “La sentenza che inchioda Lucano e la Sinistra” o “Lucano derubava i
migranti”. Tra i tanti quello che mi ha colpito maggiormente è il corsivo pubblicato sul Corriere della Sera dal titolo: “Mimmo Lucano e l’accoglienza da campeggio libero”. Una visione dei fatti distaccata ma lucida che ci aiuta a capire come anche le migliori intenzioni devono essere organizzate nei minimi particolari perché, se è vero che “solo chi non fa non sbaglia”, è altrettanto vero che nel “fare” pubblico occorrono trasparenza totale, controllo costante e massima attenzione nel circondarsi di collaboratori onesti e capaci. Questo, purtroppo, è un aspetto che nella nostra terra del Sud non sempre viene preso nella dovuta considerazione in quanto, spinti dall’impulso emotivo del propositivismo, tendiamo a sopravalutare gli alleati e sottovalutare i rivali. Un errore grave soprattutto per chi è impegnato in politica nelle fila della Sinistra i cui sostenitori, mediamente, sono estremamente critici ed esigenti (è questo uno dei principali motivi per cui, a differenza della Destra, la Sinistra è sempre divisa in mille rivoli).

Come si è capito lo sforzo per non “buttarla in caciara”, come si dice a Roma, è notevole. Il fatto è che c’è poco da scherzare perché un verdetto non è una chiacchiera da bar dello sport e il tratto umano del principale indiziato, che emerge da tanti “giornaloni” il giorno successivo alla pubblicazione delle motivazioni della sentenza relativa al processo Xenia, è quello di un essere ignobile. Un Mimmo Lucano irriconoscibile da chi, come me, ha “visto” nell’azione del Sindaco di Riace un atto di civiltà e di solidarietà senza confini. Una pillola amara difficile da mandar giù senza indignarsi e uno sforzo notevole per non dare corpo alle peggiori farneticazioni inneggianti al complotto.
Ma, anche se come tante sentenze incorpora il difetto di “buttare il bambino con l’acqua sporca”, quella del tribunale di Locri apre un varco alla concretezza in quanto ha il potere di sfatare un “falso mito”. Sì, perché l’accusa ipocrita nei confronti di chi, come me, ha sempre difeso a oltranza il sindaco di Riace, è stata quella di aver mitizzato Mimmo e, di conseguenza, di aver voluto difenderlo a tutti i costi nonostante le tante zone d’ombra che lo circondavano. Ebbene, si rassegnino costoro che si nascondono nel proprio bozzolo e in ogni atto cercano solo la sporcizia per poter dire alfine: “Avevo ragione io”. Il nostro mito è la Solidarietà e non chi la mette in pratica facendo semplicemente il proprio dovere. Questo e solo questo è il motivo per cui non ci sarà sentenza di tribunale o applicazione di Leggi scritte dall’uomo e, di conseguenza, dall’uomo modificabili in funzione del contesto storico, che potrà indurci a cambiare opinione sul fatto che il Progetto Riace, pur con i suoi limiti e le sue lacune, sia stata una
delle migliori risposte al problema dell’accoglienza degli ultimi vent’anni. Così come non cambieremo opinione sul fatto che la maggioranza di un intero Paese, la cui ricchezza è fondata in buona parte sull’emigrazione dei propri “figli antichi” in paesi stranieri, per anni ha tenuto ai margini gli immigrati, utile manovalanza disperata, pronti all’uso per un tozzo di pane per svolgere quei lavori massacranti che i suoi “figli moderni” non vogliono più fare. E fu così che, mentre i politici al potere si crogiolavano nell’immobilismo interessato, un uomo ha avuto il coraggio di lanciare il cuore oltre l’ostacolo ideando una soluzione che desse dignità al Paese e ai migranti. Quell’uomo non è un mito ma uno dei tanti di noi con un nome e un cognome: Domenico Lucano. Un mostruoso esempio di altruismo che
si aggira nella Locride.

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