Cosimo Cavallaro: “Consigli di sopravvivenza per cauloniesi e non”
Di Cosimo Cavallaro
Non passa giorno che il Padreterno manda su questa terra che i cittadini cauloniesi non debbano attrezzarsi di tutto punto per affrontare l’ennesima battaglia quotidiana. Si tratti di eventi climatici, naturali o artificiali, la prospettiva non cambia. Ci si alza e, soddisfatta la toeletta, si passa alla vestizione: tuta mimetica, elmetto, anfibi e via! Pronti ad affrontare le disavventure giornaliere. Ma, trattandosi di una guerra che si ripete incessante e della quale non si intravvede la fine, conviene seguire i consigli degli esperti per garantirsi un minimo di sopravvivenza. Eccone alcuni.
Non viaggiare su veicoli a ruote. Ma se proprio devi farlo e non possiedi un trattore o un asino, spera di non dover affrontare la viabilità extraurbana poiché il percorso a ostacoli della viabilità urbana, al confronto, è una passeggiata tra i ciclamini. Sulle strade del circondario cauloniese, indipendentemente dalla competenza (comunale o provinciale), avvallamenti e profonde buche in centro strada e, spesso, in tutta la carreggiata, sbucano improvvisamente costringendoti ad uno stile di guida da pilota di rally quindi, per proteggere lo stomaco, segui i consigli del dietologo: colazione abbondante ma leggera. Per quanto concerne il fegato ovvero per metabolizzare i danni al mezzo di trasporto e, di conseguenza, al portafoglio non sono sicuro che i consigli del gastroenterologo, sicuramente costosi, siano sufficienti.
Non passeggiare su strade poco frequentate. Non fraintendere, non mi riferivo al rischio di essere arrotato dal solito pirata della strada ma, più prosaicamente sto pensando alle tue narici e ai tuoi polmoni. Infatti, se passeggiando su strade secondarie riesci a percorrere cinquanta metri senza imbatterti in uno o più sacchetti ricolmi di immondizia e abbandonati sui bordi del percorso o in qualche anfratto del terreno puoi, a ragion veduta, ritenerti fortunato. Ovviamente non vinci nulla ma il tuo apparato respiratorio e la tua bile ne godranno. Se, infine, conosci qualcuno di questi signori malati di inciviltà e non hai il coraggio di aiutarli a ravvedersi, non agitarti inutilmente ma evitali perché la mascherina anti Covid non è sufficiente per proteggerti dal lerciume con il quale costoro convivono.
Non bere l’acqua del rubinetto. Ma evita anche di usarla per cucinare e per lavarti i denti. Aprire il rubinetto di casa e veder sgorgare da esso quelle che il Petrarca chiamava “chiare, fresche et dolci acque”, è un evento che ha le stesse probabilità di un terno al lotto. Spesso nel lavandino zampilla un liquido color ocra, con tutte le sue sfumature, che ha il potere di indurti a pensare alle cose più sgradevoli che mai vorresti vedere nel tuo lavabo. La conseguenza è molto grave in quanto destabilizza la tua memoria con il risultato che, quand’anche capitasse che l’acqua fosse perfetta, la tua fiducia nei suoi confronti si è spenta al punto da rasentare il nulla. Fortunatamente hai una soluzione semplice: comprarti casse e casse d’acqua al supermercato locale con buona pace di un altro pezzetto del tuo fegato che ti abbandona quando sommi i costi dell’acqua acquistata con quelli della bolletta comunale.
Non implorare mai la pioggia. Il mio primo trisavolo non era ancora nato che già pioveva e, maledizione, senza avvisare più di tanto. Ma in quelle epoche remote, si sa, erano un po’ lenti di riflessi per cui, per proteggersi dalle conseguenze alluvionali, si preparavano con mesi e a volte anni di anticipo. Tenevano gli alvei di fiumi e torrenti sgombri da vegetazione e da rifiuti, controllavano le arcate dei ponti per evitare che si intasassero e costruivano le loro abitazioni tenendo conto dei corsi d’acqua nelle vicinanze. Oggi, al culmine dell’evoluzione, tutte quelle precauzioni sono cadute
in disuso. In compenso abbiamo inventato i “bollettini metereologici” che forniscono alla popolazione gli allarmi meteo la cui gravità è definita da colori che vanno dal verde al rosso passando per il giallo e l’arancione. Un metodo moderno che per un guastafeste come me rappresenta semplicemente uno scarico di responsabilità. Un po’ come dire: “Ti ho avvisato con un allarme rosso per cui se ti si è allagata la casa la colpa è tua perché non hai preso i dovuti provvedimenti”. Peccato che io nelle proprietà demaniali non posso neppure spostare una foglia e che le Autorità, che hanno l’obbligo di tutelare il demanio ed eseguirne la manutenzione, sono rimaste sorde ai nostri appelli precedenti l’alluvione stesso! A questo punto era inevitabile: anche l’ultimo pezzo di fegato sopravvissuto si è spappolato con buona pace di tutti i gastroenterologi mai consultati.
Non se ne abbiano a male i Cauloniesi che hanno avuto la pazienza di leggere questo breve excursus simil satirico. Siamo tutti in buona compagnia perché quanto letto, con poche e insignificanti differenze, vale per tutte le località di questo nostro Belpaese. Si cerca di sdrammatizzare per non piangere in quanto l’amaro che ristagna in bocca non si può diluire con quattro parole. I nostri avi hanno lavorato sodo e si sono indebitati per lasciarci un patrimonio che noi, con la complicità della classe dirigente di questo Paese, non solo non siamo capaci di implementare ma neppure di mantenerlo.