Non era tutto perfetto
Dopo quella notte di bagordi decisi di affidare ad amici e parenti e a qualcuno dei miei conoscenti, per una sola settimana, uno a ciascuno, un mio fantasma come animale da compagnia. Non era tutto perfetto, non lo è mai. Sono chiaramente consapevole, conoscendoli, che nessuno di loro potrà affezionarcisi. Sono chiaramente consapevole, conoscendomi, che al loro ritorno mi scodinzoleranno. Scodinzolerò pure io. Il danno lo abbiamo fatto fatto prima, da entrambe le parti. Abbiamo adottato la scusa dell’abbandono per ammorbarci di concetti insapori che inquinavano l’aria pesante che fummo costretti a respirare. L’aria pesante è un problema, il peso specifico ectoplasmatico dei fantasmi non è una soluzione. La riduzione dei concetti a difetti di fabbrica (presenti solo in minima parte perché sono inevitabili nella produzione di concetti, o almeno così dicono i sindacati) ha sfiancato anche il più convinto sostenitore delle impalpabili tesi che vogliono le macro aree del ragionamento come aree argomentabili fino alla fine e alla fine coerenti. Non è vero.
Non era tutto perfetto, non lo è mai. Me ne andai. Baciai il santo bevitore sentendomi esattamente nel posto in cui sarei dovuto essere, nel posto in cui avrei voluto essere. Assai. E, un poco alla volta, le ceneri della sepoltura dei sentimenti negli angoli più nascosti del mio cuore ricoprirono i libri sui quali avevo annotato nomi e disegnato volti stravolti dalle mie mani. Era la raccolta delle mele fuori stagione. Era per forza, ché i serpenti smaniavano. Era un discorso che avevo già fatto nel tempo trascorso a spiegarci il perché dei vermi che non stanno mai fermi e si contorcono. Un bravo artigiano è bravo se cura l’arcano in contemplazione solitaria del labirinto. Il bravo artigiano apre le acque e prova ad uscirne, preferibilmente vivo.
Non era tutto perfetto, non lo è mai. Mi ammanicai con quella che sai. Mi appartai con quello che sai. Mi medicai ma se potessi me ne pentirei. “Panta rhei”, certo. “Non ci si può bagnare due volte nella stessa acqua”, certo. Io non lo so che cazzo scrive i testi dei vostri supereroi, io posso solo ammettere di non aver mai amato i supereroi e ammettere quindi di non essere imparziale. La corte è alle porte, lo annuncia un tananai di gente mentre si mettono in piedi, rispettosamente. Mi addentro e mi dolgo di non riuscire ad immagazzinare più di una ventina di parole, non riesco nemmeno a selezionarle: mi tengo quelle che mi ricordo e il resto all’uopo. Lo scopo può anche cambiare in itinere.
Non era tutto perfetto, non lo è mai. Chissà che cosa fai quando penso a chissà cosa tu stia facendo; sorrido nel chiedermelo. Trapelano indiscrezioni che si fanno certezza, che si veste da dettaglio. Un corso di taglio e cucito per la mia nuova compagnia di pezza, infilerò a ciascuno di loro una mano nel culo e li farò dialogare, litigare, azzannare, confabulare e poi baciarsi sul palco del mio teatrino itinerante. Quante e quante volte avrei voluto invertire i ruoli, quante volte avrei voluto radere al suolo il mio teatrino e lo stuolo di personaggi che ne sfruttavano un potenziale enorme. Quante e quante volte l’ho fatto davvero. Quante volte ho usato i miei cani da cacca per stanare i fascisti. Quante volte mi sono detto che non sarebbe mai più accaduto ma eccoci qua, scodinzoliamo ai nostri fantasmi elemosinando quell’affetto che almeno è puro. Non tagliarlo con l’ipotesi. Non tagliarlo con l’ipotesi. Al massimo diluisci ma mai, mai, mai, tagliarlo con le ipotesi. “Le metastasi della diocesi” incise su quel portone, sono l’apoteosi della sintesi del male che potrebbe derivarne. Figliano e fagliano. Figliano e fagliano. Figliano e fagliano. Finirò per sbagliare io qualcosa, questo è l’unico dato certo leggibile sul progetto che sto per consegnare. Per progetto, con progetto e in progetto ho ancora troppe cose, non riuscirei nemmeno a dirti cosa? A dirti cose. Anch’io adoro i piani ben riusciti ma non era tutto perfetto, non lo è mai. Mi amerai e mi inchioderai per questo. Mi amerei e mi inchioderei per questo. E da piccoli grandi fiammiferai sapremmo come riscaldarci. E da luccicanti aghi nei pagliai ci perderemo. Mi amerei e mi inchioderei per questo. Mi amerai e mi inchioderai per questo.