La distrazione è la distruzione
Non che ci fosse da dare troppe spiegazioni. Che cosa crediamo di dover spiegare? A chi? Perché? Quale che siano le cause, gli effetti sono l’evidenza che la resistenza, la resilienza e ogni altra puttanata comminata dal giogo di un nodo scorsoio attorno al nostro collo siano causticamente solo un gioco. Che ci sia in ballo il nostro esistere è una conseguenza della quale siamo consapevoli, in quanto esseri viventi. Gli assenti si giustificheranno e le giustificazioni assolveranno al dovere burocratico di qualsivoglia procedura alla quale affidare le redini del poco che ci resta. La testa che esplode non è contemplata fin quando il muro alle mie spalle non gocciolerà di materia grigia.
Della cupidigia di Cupido non mi sono mai fidato. Dei reati commessi ho sempre ammesso la colpa. La talpa che mi congratulo di esser diventato s’inventa sempre uno scenario plausibile. Ed è nell’invisibilità che tutto mi è chiaro: sono quel baro che viene scoperto; sono quel faro che viene spento; sono l’amaro in bocca che dopo tre giorni di digiuno mi muove a rilento. Uno vale uno. Mille valgono mille. Un milione valgono un milione. L’esponenzialità del rapporto non ci giudica se, fin quando paritari, noi rimarremo unità. La realtà non è così distante ma io so che cosa fare. Tra il dire e il dare, chi la dura la vince. Cammino sui ponti d’oro che lo sfruttamento del popolo sovrano sovrasta egemone. Dall’alto dei nostri cuori si scorgono variopinti scenari in cui i sicari ne escono meglio dei rapporti epistolari che provano a spiegare i motivi per i quali questo è accaduto. Il caso non esiste. Quali che siano le cause, gli effetti ti fanno a fette. Le bianche civette si parano nel bel mezzo di rosse cimette e verdi speranze. Delle spettanze non ho che spartire con nessuno. La matematica non è che l’opinione che zero diviso zero sia solo l’ipotesi di una rapida archiviazione del caso. Sto al passo. Sto basso. Ho un masso sul cuore. Se fossi un elettore mi prenderei la briga di perorare la causa del mio preferito ma essendo un prestigiatore non riuscirei ad illudere nessuno del fatto che siamo pure sempre in democrazia. Un rumore di sottofondo mi fa sembrare ancor più dentro al discorso.
Tra lo stupore dei presenti annuncio il ritorno di Jack Lo Squartatore, chiedo di rientrare e prestare molta attenzione. Gliela restituiremo nei discorsi di commiato alla loro dipartita. L’elegia patteggia per il condono. Un condom patteggia per l’errore che l’infinitesimo statistico contempla per ogni produzione. Azione, reazione, produzione, ingiunzione. La legalità ci ha arreso migliori. I domatori di leoni sono i nuovi portavoce di un futuro muto per non incappare nella rivendicazione del nulla compiuto. La promessa è un mediocre assassino donna con un rossetto davanti al quale capitoliamo tutt*. I frutti del mio lavoro non crescerebbero mai senza la merda che uso per concimare il terreno sui quali sudo ma godo. L’hai sentita l’esplosione? No? Bene. Sì? Benissimo. Del modo che tristissimo mi marca a fuoco, metto in conto che il dialogo in solitaria è l’epilogo del quale la mia guardia carceraria mi ha già detto e detto. Prendo di petto l’iniziativa. Mi sfuggiva l’idea che da primitivi quali siamo avremmo faticato millenni prima di concederci all’onda emotiva che ci avrebbe portato a naufragare su coste sconosciute. Sbarco. Che cazzo di lingua parleranno da ste parti? Le ecchimosi sugli arti inferiori quasi non le sento più. Vedo e stravedo per la possibilità di immergermi tra le rocce della costa, la posta in palio alletta ogni sconsiderato. Il malcelato desiderio di destinare le ultime forze alla ricerca del cibo si infrange sul culo di una giovane indigena. I geni al di là del bene e del male fanno bene a non dirne male. Il danno epocale del darsi da fare mi distrae dall’intento di dirmi impegnato. Ho rovinato tutto con pochissime mosse, anche questa volta. La rivolta da dentro mi mette contro tutti gli organi in me viventi e pompa sangue in quantità più che elevata. L’emorragia cerebrale va celebrata per la sua dignità, che la pone una spanna sopra la secchezza vaginale delle sinapsi incapaci di produrre e riprodursabato