I am I

I am I

Non era nemmeno più una questione di soddisfazioni. Le implicazioni, le elucubrazioni, le invenzioni di quelli più bravi di noi, le superstizioni di quelli più coglioni di noi, le personalizzazioni create ad hoc: i moderatori verranno appesi dal collo e avrai un solo colpo in canna per puntare uno dei cappi che li sostiene, un solo colpo per una sola liberazione. Che sia la tua è il mio grande augurio, che sia la mia ho già perso. Il dilemma del controverso esplicita la mia posizione nei confronti del traffico cittadino nei tempi in cui il coprifuoco è l’unica possibilità di socialità concessa. L’evasione è fiscale solo per problemi di salute. Ho visto un uomo che moriva per le tasse. La lottizzazione della classe sociale ha piantato semi di rabarbaro dentro zucche vuote. Il mio Halloween è ogni volta che ci incontriamo e mi fingo morto. Ho perso venti chili e mi vedi scheletro. Ho perso venti fili e mi tocca licenziare i miei burattinai. Farò da me e farò per trentatré trotterellatori che non hanno un cazzo da fare ma sempre disponibili si prestano al gioco.

Mi dico che da qui a poco potrei raggiungere i miei obiettivi ma fin quando non aprirò gli occhi mi toccherà star fermo per turni e turni. L’aspro sulla lingua di un bacio al mio ritorno profuma di lontananza. Mi inciprio il naso e decido che sarò io a fare il primo passo.

Chiudo il cerchio con la saldatrice e inietto il mio sguardo di lapilli infuocati. I mercati stanno impazzendo, ho visto gente alla canna del gas riscaldarsi dentro camere ospitalissime pronte a regalare ogni comfort ai viandanti. I Santi sono tanti, milioni di milioni e rompono l’equilibrio di chi umano prova a fare affidamento sulle proprie forze. L’hai mai sentita la storia di quel tipo che si era messo in testa di vivere? L’hai sentito delle difficoltà istituzionali di riconoscergli lo status di di persona? Nasci, campi, crepi. Nel tripudio primigenio in cui l’euforia ci spinge a pensare allo spettro d’azione, la reazione si infiamma di inconcludenze. Se riaprissero le danze ti inviterei a ballare. Ti inviterei a ballare. Tra il dare e il fare c’è di mezzo il mettersi in discussione, e la discussione è una truffa in cui il soliloquio intransigente del proprio io non mi lascia passare niente. Niente di niente. Niente per niente. Niente, fa niente. L’idrorepellenza alle piogge mi vede incline all’autolesionismo e vomito mentre dormo. E dormo mentre vomito. Libertario e libertino, mi libero di ciò che ho tenuto dentro fin troppo. Stringono i tempi e dimagrisco per starci dentro. Nel contempo propongo una mozione di fiducia dedicata alle piante ornamentali velenose, nel contempo derogo ai cuochi più esperti la possibilità di usarle come ingredienti base per lussuosissime cene su invito. Se non hai capito come funziona potrei conosco uno che vende deroghe per l’uso personale. Potrei, vorrei, dovrei. Ma cosa posso volere se devo pensare a cosa posso volere? Le sovrastrutture di un potere precostituito simulano la linearità di un discorso che in natura verrebbe etichettato come naturale ma che naturale non è.

L’accalappiacani è nei paraggi, sento il moto del mezzo entro cui i randagi vengono rinchiusi per il loro bene. Per il tuo bene, per il mio bene. Un pascolo di iene sorride senza nemmeno l’urgenza di scappare alla minaccia che non riconoscono come tale depotenziandola. Una girandola sradicata dal vento di marzo sullo Stretto traduce versi dal sibilo all’italiano. Non era nemmeno più una questione di soddisfazioni. Dicono che capirsi sia alla base della comunicazione ma se sei troppo introspettivo ti toccano gli straordinari nella tua normalità.

Il calendario segna un giorno in meno. Il diario segna un ricordo in più. Il calvario segna un dio in meno. Il mansionario segna un compito in più. Il sottoproletariato finge di avere le carte in regola e si regala la tranquillità dell’inconsapevolezza. Beata l’oltranza dei poveri di spirito perché loro è la terra sotto il marmo con nome, cognome e data. Nasci, campi, crepi. Ok, produci e fai scorrere del sangue. Ok mangi, trasformi e defechi. Ok, pensi, pensi e ripensi a ciò che è stato, a ciò che è e a ciò che sarà. Ok, tu e il tuo pollice opponile siete potenzialmente i migliori amici del regno animale. Ok. Ok! Anche io regno animale, sai? E ora che finalmente io e io ci conosciamo penso che io possa pure offrire da bere e penso che io accetterei. Ho accettato anche dagli sconosciuti; non fatelo sapere a mia madre, ché si preoccuperebbe anche a distanza di anni. I panni sporchi li ho lavati, li ho stesi al sole che li sporca di galassia. Esiste lo sporco impossibile. Esiste il porco possibile. Esistono queste ultime righe ma non sono così sicuro che esista io e che esista anche tu. Ma tanto: nasci, cresci, muori. Illumino il mio savoir-faire e mi proietto raggiante nel mondo fatato dei sogni. Che poi: se è ad occhi chiusi che si sogna, che cazzo ce li ha fatti a fare?
No, non era nemmeno più una questione di soddisfazioni. Non è mai stata una questione di soddisfazioni.

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