Giorno della memoria: ricordare quel che è stato affinchè non si ripeta
Il grande Charlie Chaplin dice “È successo in Germania; ma le stesse cellule malate si trovano nel corpo di ogni nazione, pronte a entrare in attività”.
La memoria non è una cosa scontata, va esercitata e curata costantemente con attenzione nella nostra vita di ogni giorno. Il 27 gennaio 1945 è il giorno in cui le truppe sovietiche della 60ª Armata arrivarono presso la città polacca di Auschwitz, spalancando il vicino campo di concentramento e liberandone i superstiti.
Già intorno alla metà di gennaio, sapendo dell’avvicinamento dell’Armata rossa, i Nazisti avevano cominciato a sgombrare l’articolata struttura, portando con loro i prigionieri sani, molti dei quali perirono durante l’andatura sostenuta perché non riuscirono a resistere al ritmo.
Inoltre i tedeschi avevano cercato di rimuovere quasi tutte le prove dei misfatti che avevano commesso, facendo deflagrare diverse costruzioni, dove in alcune erano contenuti i forni crematori in cui venivano bruciati i cadaveri delle persone uccise.
Quando l’armata rossa dell’esercito sovietico raggiunse il campo di Auschwitz dovette assistere a una scena avvilente. Ogni 27 gennaio, per questo, diventa una conquista.
In questo giorno la memoria di tutti va alle vittime dell’Olocausto, del nazismo e del fascismo. Una giornata internazionale che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 1º novembre 2005, durante la 42ª riunione plenaria riconobbe come tale, assegnandole valore politico e istituzionale su uno dei tavoli più importanti della diplomazia mondiale.
Il dramma di Auschwitz, infatti, è il simbolo dello sterminio degli ebrei, degli omosessuali dei rom, dei disabili, dei dissidenti politici, dei comunisti. Ma non solo, è un ricordo unanime che oltrepassa ogni legame, adesione o appartenenza a stati, a comunità o condizione.
Il ricordo di questa pagina terribile della storia italiana del Novecento di cui anche il nostro paese si rese partecipe, con le famose leggi razziali del ventennio fascista, obbliga di coltivare la memoria critica e di non dimenticare quanto sosteneva Primo Levi: “ricordate che quello che è stato, in futuro, con il sonno della ragione e la mancanza di memoria, potrebbe ripetersi e verificarsi nuovamente”.
Pasquale Aiello